FIAT gli albori e la crisi

FIAT gli albori e la crisi

Fabbrica Italiana Automobili Torino, FIAT. Madre e matrigna di buona parte dell’Italia del Novecento. Un pezzo di Italia importante, se guardiamo al dopoguerra e alla ricostruzione. Una volontà decisa figlia del pensiero di Gianni Agnelli e del desiderio di non lasciare il paese in mano al Comunismo, come per sua stessa ammissione.

La Fiat nel dopoguerra

Un’Italia importante, in cui la FIAT ha avuto il ruolo di protagonista, mobilitando il paese per cui “l’automobile era il simbolo di libertà dell’uomo del movimento”. Dalla Topolino, passando per la Nuova 500 del 1957, l’industria torinese traina il settore industriale italiano quasi sulla vetta del mondo. Nel 1967, al secondo anno di gestione Agnelli dopo il ventennio di Valletta, vengono prodotte più di un milione di auto. Fiat è il quarto costruttore mondiale, dietro solo ai tre colossi americani.

Poi, gli scioperi, il gli anni di piombo e la crisi petrolifera: è il momento più nero per un Gianni Agnelli che riesce a mantenere il polso della situazione e traghettare la casa torinese fuori dalle acque della crisi. Intanto si espandono le risorse e i settori: l’aviazione, i mezzi pesanti, i powertrain. Fiat non è solamente una multinazionale automobilistica, ma un colosso nevralgico per il sistema economico del paese con tutto l’indotto che genera.

Il boom degli anni 80 e 90, figlio del benessere economico e di alcuni storici modelli (Fiat UNO e Panda sopra tutti), l’acquisizione dell’Alfa Romeo che completa il quadro dei marchi italiani: Fiat, Ferrari, Lancia e il biscione, tutti confluiscono nel colosso torinese.

La discesa della Fiat

Poi, la parabola discendente, quasi sovrapponibile alle problematiche di Gianni Agnelli e al fisiologico calo della richiesta di vetture “di massa”. Il mercato evolve, la relativa ricchezza genera appetiti superiori che Fiat non riesce a soddisfare, e si innesca un vortice negativo per il marchio.

Difficile riassumere ora un crocevia di decenni, ma intanto la finanza come produttrice di ricchezza avanza sulla produzione di bene fisici tanto cara al Gianni Agnelli del dopoguerra. L’Avvocato se ne rende conto, e comincia il cantiere per la smarcatura della famiglia, che ha visto in Marchionne la sua punta di diamante nella realizzazione.
Ora, è passato quasi un anno dalla morte del manager di Chieti e FCA ha già avuto la sua prima proposta di matrimonio ufficiale. Con il beneplacito della morte del Re si avvalla il progetto in cantiere da anni: liberarsi di FCA.
Lui era l’unico in grado di risollevarla, niente è più possibile per la nostra sposa: solo accasarla può risollevare la anziana zitella da una vita di stenti e sofferenze”.

Del resto, siamo sinceri, la nostra donna non se l’è mai cavata bene da sola negli ultimi anni: in mano ad amministratori delegati più o meno capaci, ha vivacchiato dei compensi spillati spesso alla famiglia (lo Stato) sotto forma di rottamazioni, ambientali o meno che fossero.

Così il patrigno (Gianni Agnelli) che già aveva capito l’antifona, aveva cercato di collocarla a qualche marito importante. In modo da levarsi il problema dell’eterna mantenuta. L’arrivo del Re Marchionne, aveva la stessa funzione dell’effetto nebbia che spesso si usa nello spettacolo. Confondere, rendere meno chiari i movimenti e creare un’aura di fascino intorno a un qualcosa che di affascinante, purtroppo, non aveva nulla.

Coda di paglia

La creazione della linea 500, l’investimento iniziale in Alfa Romeo, piccole mosse per dimostrare una volontà di facciata di rilanciare un marchio per il quale si aveva tutt’altra idea. Ovvero di contenerne l’indebitamento anche a scapito del prodotto e dell’innovazione.

  1.  Nessuna politica sull’elettrico e sull’ibrido (la 500e resa necessaria per la politica USA sulle emissioni, ha valore zero).
  2.  Una gamma con modelli vecchi anche dieci anni (Giulietta, Grande Punto).
  3.  Nessun ricambio generazionale (MiTo, Grande Punto) e settori storici del mercato italiano (utilitarie, segmento B scoperto).
  4. Scorporo del gioiello di famiglia (Ferrari) dal blocco FCA.
  5.  Decesso per un marchio storico come Lancia.

Segnali sotto gli occhi di tutti, che nessuno voleva vedere incensando il defunto manager di Chieti. Marchionne ha sì sistemato i conti dell’azienda, ma di fatto ne ha decretato il decesso anticipato e ben confezionato.
Una realtà come FCA del resto, come potrebbe continuare da sola?

FIAT gli albori e la crisi

La Fiat e la concorrenza

Mentre le case tedesche sfornavano innumerevoli versione della stessa vettura (persino Skoda o Seat hanno una scelta maggiore di Fiat attualmente), a Torino si stava alla finestra guardando i conti e bilanci. Anni luce dai Tedeschi indipendenti e anni luce da altre realtà in crescita di fronte alla sfida globale.

Nissan, che con Carlos Ghosn aveva subito uno shock iniziale fatto di epurazioni e cambiamenti di mentalità, in tre anni era diventata tra le case più redditizie e ora è all’avanguardia nella tecnologia.

Mazda, che da satellite di Ford si è resa indipendente e riesce a farsi largo tra colossi che faticano ben più di lei. Realtà che dimostrano una volontà e una fierezza nazionalista sconosciuta in Italia. Mentre qui si guarda con occhi sognanti all’erba del vicino, in questi casi ci sono rivoltate le maniche e preso coscienza del problema, lo si è risolto. Per non dover svendere un prodotto nazionale.

In FCA non è ancora passato un anno, e già Magneti Marelli è stata venduta ai Giapponesi: lei che avrebbe potuto fare la fortuna della Fiat se ci fosse stata un po’ più di lungimiranza nella dirigenza Fiat di metà anni ‘90.
Su tutti, ricordiamo infatti il common rail: il sistema di alimentazione per motori diesel che ha decretato il boom delle autovetture a gasolio, sarebbe potuto essere la salvezza per il gruppo torinese.

Invece, in maniera sconsiderata e con bassa fiducia tipica dell’Italia di fine millennio, la produzione e il brevetto fu ceduto per due spiccioli alla Bosch. Che prese la palla al balzo e vi ha costruito sopra una fortuna: ricordiamo che persino Volkswagen, che all’inizio utilizzava il sistema proprietario a iniettore-pompa, si è convertita al common rail. Ora tutti i diesel utilizzano questo sistema made in Magneti Marelli.

E ora, nel 2019, siamo qui a cercare di sistemare ancora la vecchia zitella. Con il nuovo patrigno Elkann a farla scappare dalla finestra, quasi sull’altare, perché vittima di una proposta non all’altezza. Lei che in realtà, ora come ora, ha una dote meno allettante di tante altre spose.

(di Davide Bologna)

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