Elezioni in Umbria: analisi del voto

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Le elezioni in Umbria, primo test dopo l’avvio del governo giallorosso, si sono rivelate uno snodo fondamentale per la politica italiana. Non tanto per gli esiti immediati e il potere del territorio. Ma, soprattutto, per gli effetti che il risultato di ieri avrà sul governo e sulle forze di opposizione.

Ci si aspettava una vittoria del centrodestra. E invece abbiamo assistito ad un trionfo totale e inappellabile. I sondaggi, anche i più ottimisti, stimavano un massimo di 10 punti di distacco. I punti invece sono stati ben 20, con un risultato mai in discussione fin dal primo exit poll. Abbiamo assistito ad una battaglia che, per gli esiti troppo nefasti per una parte e troppo positivi per l’altra, lascerà per forza di cose strascichi nell’immediato.

La destra di Salvini lancia la Reconquista

 

Il vero e unico vincitore delle elezioni in Umbria è Matteo Salvini. Certo, la vittoria è arrivata attraverso lo schema necessario del centrodestra classico (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e civiche). Ma la mole di consensi portata dalla Lega è superiore a tutti gli altri (37% su 57%), il peso specifico del leader leghista è incomparabilmente superiore a tutti gli altri.

Salvini ha posto la sfida in Umbria come una battaglia nazionale, chiamando a massiccia raccolta i cittadini. E questi hanno risposto con fervore all’appello del leader leghista: 64% di affluenza, +9% sulle precedenti regionali.

In più, Salvini ha eletto una governatrice del suo partito in una regione del centro (lontano quindi dalle basi storiche) che era una ex roccaforte rossa. Una vittoria paurosa ottenuta in campo ostile non può che rappresentare un ulteriore motivo di orgoglio per il centrodestra, e di paura per gli avversari – che ora si vedono “contendibili” anche l’Emilia-Romagna e la Toscana.

Infine, con questo trionfo, Salvini ha smentito tutti. Giornali e avversari lo davano per “morto” dopo la crisi di agosto: sembrava dovesse sparire dalla scena come Renzi, sembrava si fosse suicidato. Le elezioni in Umbria testimoniano, se ce ne fosse stato bisogno, della forza intatta (se non accresciuta) del leader leghista nonostante la crisi di governo.

La vittoria negli antichi territori rossi doveva fungere da trampolino di lancio per riconquistare l’Italia, partendo dal paese “reale”, dal basso, in contrapposizione al governo giallorosso chiuso nel palazzo. Ci è riuscito appieno. Il prossimo obiettivo di Salvini è un altro appuntamento elettorale che, spera, darà la spallata definitiva alla traballante coalizione governativa: le elezioni nella regione rossa per eccellenza, l’Emilia-Romagna.

PD e 5 Stelle: quale futuro?

 

L’entità della sconfitta nelle elezioni in Umbria mostra tutta l’improvvisazione dei due partiti nell’affrontare questa tornata elettorale. Come già lo si era visto, quest’alleanza è nata a freddo, all’ultimo minuto, senza un programma né alcun tipo di contenuti. In un territorio che aveva visto il governatore uscente (PD) dimettersi dopo uno scandalo denunciato dai loro stessi alleati (M5S). Il risultato disastroso era già in nuce.

Visti gli esiti, è probabile che qualsiasi azione (anche ben programmata) fosse stata intrapresa dal PD e dal M5S non avrebbe mai potuto arginare il centrodestra. Ma quanto è stato fatto è stato un flop totale, che ha screditato la teoria, in voga tra i vertici dei due partiti, che unire due forze “perdenti” possa essere sufficiente per batterne una “vincente”. Si tratta insomma della vecchia teoria della “somma dei voti”, che mai come nel caso di due partiti così diversi e con elettorati così difformi doveva condurre alla disfatta.

Da parte grillina, Di Maio ha già posto fine ad ogni futura alleanza regionale: Quello in Umbria, ha detto, era un esperimento. Non ha funzionato. Tutta la teoria per cui si diceva che se ci fossimo alleati con un’altra forza politica saremmo stati un’alternativa non ha funzionato”. Un’idea che viene condivisa anche da Zingaretti, che tuttavia sembra più propositivo verso eventuali tentativi futuri di intesa.

A fungere da forza centrifuga all’intesa PD-M5S è invece Matteo Renzi. Non si è presentanto in Umbria né ha fatto campagna elettorale, chiamandosi fuori per evitare di mettere la faccia su una disfatta. Una scelta che ora rinfaccia agli alleati, mentre cerca di presentare il suo partito Italia Viva come “ago della bilancia” da fare in qualche modo pesare nelle future regionali.

Se rimangono sibilline le intenzioni di Renzi, quel che è certo è che l’esperimento giallorosso (a livello governativo) tirerà ancora avanti, mentre nelle regioni ognuno tornerà per sé. Ed è tutto da verificare se un ritorno alla “vecchia strategia” porti ad esiti migliori. Il 26 gennaio, in Calabria ed Emilia ci sarà il prossimo test.

La sconfitta giallorossa e il ruolo di Conte

 

Se ad essere stata sconfitta è tutta l’area governativa, questa volta non si tira fuori nemmeno il premier Giuseppe Conte. Fino alle elezioni in Umbria aveva preferito tenersi in disparte da ogni tornata elettorale, fungendo da “garante” esterno e mediatore tra le forze. Qui, però, ha fatto il passo più lungo della gamba – ed ha fallito.

Conte è stato un forte patrocinatore del progetto di un nuovo centrosinistra tra PD e 5 Stelle, ha speso parole inequivocabili, ha spinto fortemente per questa iniziativa e si è messo in gioco personalmente. Qualcosa di assolutamente insolito per lui.

Conte, però, come tutti gli altri, ha sbagliato tutto. È arrivato in Umbria solo due giorni prima del voto per posare in una foto di gruppo – che già aveva tutta l’aria di un “funerale di prima classe”. È sceso in campo ma allo stesso tempo non si è speso, ha sponsorizzato l’alleanza giallorossa ma senza far nulla di concreto. Quelle poche uscite che ha fatto, anzi, sono state parecchio infelici – come quella sull’irrilevanza delle elezioni in Umbria, che “ha gli stessi abitanti della provincia di Lecce”.

Conte aveva fino ad ora evitato di impantanarsi in contese diverse da quelle del governo centrale. Questa volta ha deciso di presenziare anche lui, mettendo per la prima volta la sua firma su una sonora sconfitta. Difficile dire se questa mossa del Primo Ministro possa cambiare qualcosa negli equilibri governativi: essi sono fragili e ai limiti della rottura e tali rimangono.

Gli orizzonti per il governo giallorosso appaiono nebulosi, con fitte tempeste che sembrano poter scoppiare da un momento all’altro. In modo imprevedibile. E la sconfitta in Umbria non può far altro che esacerbare i toni. In attesa del voto del 26 gennaio in Emilia-Romagna, dagli esiti potenzialmente ancor più letali.

(di Leonardo Olivetti)

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