Angelo Oliviero Olivetti fu politico, giornalista ed avvocato, ma soprattutto un protagonista del sindacalismo rivoluzionario: un periodo di grande sommovimento per il mondo del lavoro in Italia, e che in quanto tale merita di essere riscoperto, studiato ed analizzato.
Il libro “Angelo Oliviero Olivetti“
Infatti, guardare al passato spesso ci permette di comprendere meglio il presente. Ed è esattamente in quest’ottica che sta proseguendo il lavoro intrapreso dalla collana “Profili” delle Edizioni Fergen, diretta da Gennaro Malgieri, che sta riportando alla luce le idee di uomini che parteciparono da protagonisti alla storia del primo Novecento italiano. Il volume “Angelo Oliviero Olivetti” di Ada Fichera, già autrice dell’imperdibile libro su Mario Carli, accende i fari sull’Olivetti meno noto, per via della fama che ebbe l’imprenditore piemontese Adriano Olivetti.
La vita di una delle figure più importanti del sindacalismo rivoluzionario italiano partì da presupposti diversi – l’agiatezza della famiglia di nascita -, per poi sterzare subito su quelli che saranno passaggi obbligati per tanti altri leader dell’ala intransigente del sindacalismo. Proprio come Alceste De Ambris e Filippo Corridoni, anche Olivetti fu perseguitato da detenzioni, mandati di cattura ed esilio forzato nella Svizzera di lingua italiana. Però, proprio quello costituì l’humus ideale in grado di generare una fucina di idee e pubblicazioni.
Opposizione al PSI e pragmatismo
Influenzato dagli scritti di Gustave Le Bon e Georges Sorel, conoscendo Alceste De Ambris e Benito Mussolini, con cui strinse un forte legame di stima e amicizia, Angelo Oliviero Olivetti fece della rivista “Pagine Libere” uno dei quindicinali più interessanti di inizio secolo. Fu da quelle colonne che si evinse il suo sindacalismo integrale, fatto di una fiera opposizione al Partito Socialista Italiano, di cui pure era stato tra i fondatori nel 1896.
L’autrice riporta anche la sottile ma per nulla banale differenziazione tra il socialismo rivoluzionario ed il sindacalismo rivoluzionario, con quest’ultimo che – accomunando l’ideologia di Sorel al pragmatismo del filosofo francese Henri Bergson, oltre che al pensiero di Friedrich Nietzsche – pose in essere l’evoluzione del pensiero e delle teorie sociali e politiche di Olivetti. Proprio come Filippo Corridoni, anche Olivetti si schierò contro il protezionismo per una politica filo-liberista, in quanto vedeva nei sistemi protettivi delle categorie d’insieme che si tramutano in forze tese ad ostacolare od ritardare la liberazione del proletariato.
Il patriottismo operaio
Accettata la violenza come strumento di forza nella lotta messa in atto, Angelo Oliviero Olivetti si divise da altri importanti sindacalisti già sulla guerra in Libia, e poi sulla storica posizione pacifista del socialismo. Il suo interventismo lo avvicinò al nazionalismo, visto come l’unico movimento con cui si potrebbe determinare una comunione di idee e di programmi.
Il sindacalismo, rigorosamente interclassista, diviene, per Olivetti, concezione di vita. Avvicinatosi nel primo dopoguerra ad Edmondo Rossoni ed al suo settimanale “L’Italia nostra“, Olivetti criticò il bolscevismo perché statalista e definì il patriottismo operaio secondo il quale la massa produttiva era cosciente dei propri doveri e dei propri diritti verso la Patria, che doveva essere servita fino alla morte in guerra e per la quale si viveva e si lavorava in tempo di pace.
Fondamentale, per il suo pensiero, è stato il passaggio dall’idea di sindacato a quella di corporazione, vissuta quasi come una crescita dal carattere di lotta a quello costruttivo e formativo. La morte che lo colse nel novembre del 1931, appena cinquantasettenne, non gli consentì di partecipare all’avvento delle corporazioni avvenuto tre anni più tardi. Di quello che per molti ignoranti ed illetterati fu solo un periodo buio – del quale non dovrebbe essere ricordato alcun successo, dall’ambito sociale a quello architettonico -, Angelo Oliviero Olivetti ebbe a dire che si trattò di un movimento rivoluzionario per le sue note originarie e per l’equilibrio dinamico che continuò ad avere nei propri elementi costitutivi.
(Luca Lezzi)