La verità sulla risposta dell'Iran all'assassinio di Qassem Soleimani

La verità sulla risposta dell’Iran all’assassinio di Qassem Soleimani

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Numerose sono state le speculazioni che hanno riguardato la risposta militare dell’Iran di Ali Khamenei contro le truppe americane presenti in Iraq. Si è parlato di come, quando dove e perché, si è discusso sul successo, l’insuccesso e l’inutilità dei bombardamenti delle basi americane. Grandi intellettuali e fanta-geopolitici da strapazzo hanno tirato conclusioni sconclusionate e accuse senza senso.

Infine, ci hanno pensato gli stessi iraniani a fare chiarezza, e nello specifico, il comandante Amir Ali Hajizadeh delle Forze aerospaziali dei Guardiani della Rivoluzione.

La conferenza di Hajizadeh

Il testo della conferenza che riporteremo è quello che il giornalista Lorenzo Forlani ha riportato sulla sua pagina Fb, (link qui), a seguire riporteremo anche altre fonti a riguardo.

“Quello di ieri era solo l’inizio della nostra missione strategica volta al ritiro degli americani dalla regione. Chi mai può pensare che per vendicare il nostro amato generale ci facciamo bastare il lancio di qualche missile?

Quando abbiamo realizzato operazioni militari simili contro altri gruppi terroristici ovviamente non ci aspettavamo una risposta ma con gli Stati Uniti è diverso. Nessuno ha mai attaccato le basi americane della seconda guerra mondiale in poi, e vi garantisco che eravamo molto preparati alle conseguenze.

Avevamo inizialmente 13 obiettivi, che poi abbiamo ridotto a due opzioni: provocare 500/1000 morti tra i soldati americani, oppure procurare dei danni strategici, colpendo la base più grande e la più lontana dai nostri confini tra quelle che sono nell’est. Coloro che hanno familiarità con gli affari militari sanno di cosa parliamo, e con quale precisione abbiamo colpito.

Abbiamo deciso di non uccidere deliberatamente perché non abbiamo ricevuto l’hojjat Shari’i (giustificazione religiosa/shariatica), e a noi non è permesso uccidere più persone di quelle uccise dal nemico nel suo attacco (Imam Ali).

In principio erano previsti un centinaio di lanci, che consideravamo pochi, perché volevamo testare i nostri sistemi di jamming per neutralizzare le loro difese. Ma i nostri sistemi hanno funzionato benissimo, per cui con 13 missili abbiamo raggiunto l’obiettivo prefissato. Non intendevamo uccidere ma alcune fonti di riferiscono che ci sarebbero dei morti e dei feriti trasportati a Tel Aviv e ad Amman. Abbiamo informazioni e mappature di nove voli di ac130 partiti da Baghdad che hanno trasportato i feriti. La zona è stata recintata, i cellulari sono stati sequestrati per via del blackout, nessun giornalista può entrare.

In caso di una risposta americana eravamo pronti alla seconda e alla terza ondata, calcolando 2/3000 vittime tra i soldati, specie sui paesi vicini che avessero voluto partecipare alla risposta americana. Non è stato necessario, anche grazie alla “calma” statunitense, altrimenti sarebbe stata una guerra infernale.

Noi dopo l’assassinio di Sulaimani abbiamo iniziato subito le operazioni di guerra elettronica, e loro erano sorpresi. Dopo il primo strike ci attendevamo 5/7 giorni di scontri a fuoco ma dopo 15 minuti grazie alla guerra elettronica tutti i loro droni in un raggio di 300km erano fuori uso, con i link di connessione audio visiva inaccessibili. Io ero nella stanza di comando e potevo sentire il loro spiazzamento, le diverse basi americane comunicavano soltanto via audio e inizialmente si chiedevano dove fossero stati colpiti. Il danno morale è superiore a quello provocato dai missili.

Non parlo a Trump, parlo ai generali americani: loro sanno meglio di noi che la realtà in medioriente è molto diversa da quella mostrata nei loro film. Dico ai soldati americani: non ce l’abbiamo con voi, parlate con chi è sopra di voi e ditegli che è tempo di andarsene, senza pagare un prezzo alto. Andate via volontariamente, a vostro beneficio, nn solo dall’Iraq ma anche dall’afghanistan. L’alternativa è che l’asse della resistenza vi mostri delle nuove carte”.

Iran Soleimani

L’Iran all’attacco

Molto importanti non sono state solo le parole del comandante iraniano, ma anche il fatto che queste siano state dette di fronte alle bandiere di tutti i gruppi e partiti che sostengono l’Iran. Come riporta il Guardian infatti:

Hajizadeh gave the press conference in front of the flags of Iran-aligned militia groups including those of Lebanon’s Hezbollah, Iraq’s Popular Mobilisation Forces and Yemen’s Houthis, an unusual piece of symbolism of Iran’s reach through regional networks – networks that Suleimani had established as the head of the Quds force, the elite external wing of the IRGC.

Insomma, dietro gli eventi che stanno infiammando il Medio Oriente c’è molto di più, molto di più di quanto noi sappiamo. E ancor di più di quanto i nostri Mass Media vogliano farci credere. La risposta iraniana dunque, non voleva essere un bagno di sangue come ci voleva far credere la Stampa. Ma, per motivi religiosi e politici, è stata molto più forte e importante di quanto potevamo immaginare.

Una vera dimostrazione di potenza tecnologica, preparazione bellica e disciplina morale che ha sicuramente indispettito gli alti comandi americani più di quanto possiamo immaginare. In ogni caso, la morte di Soleimani non rimarrà impunita, ne lo sarà in futuro.

(La Redazione)

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