Sea Watch, lettera agli schiavisti

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Cari schiavisti, giornalisti immigrazionisti pro tratta, ipocritume vario da carta e viscidume  relativo, cari donatori della Sea Watch. Vi scrivo dopo aver letto questa “illuminante” missiva pubblicata su Repubblica, che dovrebbe farci la morale e santificare per l’ennesima volta i traghettatori di merce umana.

Tanto per cominciare vi dico, esimi schiavisti, che no, non sono soddisfatto di aver visto la “capitana” entrare a capo chino in un’automobile delle forze dell’ordine. Affronterà qualche problema, rischierebbe diversi anni di carcere ma potrebbe cavarsela con lo “stato di necessità” che ella stessa ha creato o sicuramente aggravato, scorrazzando per 13 giorni su e giù ai confini con le acque territoriali italiane (2500 chilometri percorsi). Ciò ammesso che questo “stato di necessità” sia verificato, ma se pure la Corte di Strasburgo non ha ravvisato nessuna urgenza solo qualche giorno fa il dubbio viene.

Non sono soddisfatto e anzi sono deluso: la signorina andava arrestata ben da prima del suo penoso attacco fisico contro le forze dell’ordine italiane, in cui ha danneggiato pure un’imbarcazione della Guardia di Finanza, rischiando di schiacciare anche il suo personale a bordo e di ucciderlo. Andava arrestata immediatamente, insieme a tutto l’equipaggio, dal primo momento in cui le forze di polizia sono salite per prime su quella nave.

E’ vergognoso che dopo 2 settimane a tenere 42 persone sulla sua nave per sbarcare per forza in Italia, questa ragazzina viziata, ipocrita e vicina all’umanità più o meno come io sono vicino alla vita monastica, possa invocare lo “stato di necessità” e salvarsi il posteriore, magari senza passare nemmeno un mesetto simbolico in carcere. Dovrebbe venire condannata all’istante, vista anche la flagranza dei numerosi reati che ha commesso fregandosene sia delle leggi, sia degli Stati sovrani e sì – anche se i donatori non lo capiscono – anche delle persone che aveva a bordo.

La signorina è una trafficante di esseri umani. Esattamente come voi, cari schiavisti. La signorina ha tentato di uccidere degli agenti italiani, che verso di lei non avevano mosso un dito.

Mi fa piacere che abbiate riconosciuto che la ragazza non lavora gratis e che quindi il volontariato di queste ONG sia una fregnaccia pazzesca, evidentemente non riuscite a sfuggire a tutti i dati di fatto. Certo, citate 1500 euro, lo stipendio più basso pagato a un dipendente Sea Watch, mentre si sa bene che la media raggiunge anche i 2mila euro al mese, ma si sa, voi con la verità ci fate a cazzotti, accontentiamoci del principio.

Mi fa piacere che abbiate vomitato per l’ennesima volta contro il Paese dove vivete ricordandoci tutti i drammi che lo attanagliano, dalla criminalità regolare a quella organizzata. E mi fa piacere che abbiate ancora una volta sottinteso che sì, tanto abbiamo la mafia, quindi questo autorizza l’idea di importare altre mafie, perché peggiorare è sempre possibile, e in fondo l’accoglienza è la cosa più importante.

Mi fa piacere che voi donatori abbiate dato del denaro a persone che guadagnano stipendi ufficiali, che hanno fatturati annuali elevatissimi e che lucrano sulla pelle degli esseri umani. Tutti dati ormai verificabili, ma se loro vi dicono che “salvano vite”, mi raccomando, continuate a credergli. Basta la loro parola, qualche foto strappalacrime e tanta, tanta retorica. 7 ONG su 9 nel Mediterraneo si sono formate dal 2014 in poi, ovvero dalla fase di crescita massima, durata fino al 2016, di “salvataggi”, sbarchi e morti in mare. Donate.

La Fede del resto non va discussa. Sarebbe come provare a contestare a un cattolico medio l’infallibilità papale nel Medio Evo. Non so se dobbiate vergognarvi o meno, come la penosa epistola di Repubblica chiude riferendosi a chi si permette di dire che sì, la tratta di esseri umani fa schifo e le ONG sono complici, ma sicuramente i primi presi in giro siete voi. Troppo orgogliosi o troppo in malafede per ammetterlo.

Buone donazioni.

(di Stelio Fergola)

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