Corrado Formigli Siria

Per Formigli quella dei terroristi è la “bandiera della Siria”

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin

Durante l’ultima puntata di Piazza Pulita, il giornalista e conduttore Corrado Formigli parla apertamente di «bandiera della Siria» in riferimento alla bandiera verde bianca e nera a tre stelle usata dai ribelli islamisti. Lo ha ripetuto – non è un refuso – Formigli durante l’ultima puntata (visibile a 1:40 minuti) forse ancora deluso dal fatto che i ribelli per i quali lui tifava hanno perso la guerra – e ora massacrano i curdi. La prima bandiera Siriana, dopo la sua indipendenza ottenuta nel 1932, era un tricolore orizzontale verde-bianco-nero, con tre stelle rosse a cinque punte, la stessa usata dai ribelli e dai terroristi islamisti, come possiamo vedere in questi scatti:

Formigli bandiera

 

Formigli e la bandiera della Siria

Nel 1958, Siria ed Egitto formarono la Repubblica Araba Unita ed adottarono il tricolore orizzontale rosso-bianco-nero con due stelle verdi a cinque punte, che costituisce l’attuale bandiera siriana. Quando la Siria lasciò la RAU, nel 1961, tornò per breve tempo alla vecchia bandiera. Dopodiché il Partito Ba’th nel 1963 portò ad una successione di bandiere rosso-bianco-nere, che culminò nel 1980 col ritorno al disegno della Rau. E quella è rimasta, caro Corrado Formigli, la bandiera della Siria ufficialmente riconosciuta, che a te piaccia o meno. Si chiama Diritto internazionale, quello di cui ignori l’esistenza per sostenere dei ribelli falliti ed estremisti.

Formigli ha sempre sostenuto lo storytelling dei ribelli finanziati da Arabia Saudita, Qatar e Turchia e l’agenda del Regime Change.

Formigli Siria

L’inferno dei “ribelli moderati”

Come raccontava in questo articolo la giornalista Eva Bartlett, dalla liberazione di Aleppo, di Madaya e al-Waer, la maggior parte dei media occidentali ha evitato di visitare le zone nonostante ora sia possibile chiedere agli abitanti come era la vita sotto i “ribelli moderati”.

Alcuni dei cosiddetti “ribelli” erano membri di Ahrar al-Sham (considerata organizzazione terrorista dal Congresso USA), Nour el-Din el-Zenki (famosa per la decapitazione di un giovane palestinese a metà 2016) e, incredibilmente, al-Qaeda in Siria, Jabhat al-Nusra (ribattezzata Jabhat Fatah al-Sham, e ora Hayat Tahrir al-Sham). Il programma statunitense “Syrian Train and Equip” ha goduto di un budget di 500 milioni di dollari nel 2014 per addestrare i “ribelli siriani”. Poco dopo che 30 “ribelli” addestrati dagli USA sono entrato in Siria a metà del 2015, il loro comandante -e presumibilmente tutte le loro armi- è stato catturato da al-Nusra.

Un articolo di Newsweek del novembre 2014 cita l’ex ufficiale CIA Patrick Skinner: “Il problema principale con i piani che armano e addestrano i ‘ribelli moderati’ in Siria – i quali sono moderati solo nelle loro abilità di combattenti- è che presume di conosce perfettamente, o almeno abbastanza bene, le persone che arma. Nei fatti, non è nemmeno lontanamente così. Le informazioni su questi combattenti sono prossime allo zero, specialmente in Siria, dove non abbiamo nessuna fonte affidabile”. Nei fatti, gli USA hanno fornito molto più che semplice addestramento. Ha fornito anche missili ad alcuni gruppi di “opposizione”, e chiuso un occhio sui fornimenti sauditi ai gruppi armati sul territorio.

Siria, scatta la tregua

Come riporta l’agenzia di stampa Agi, scatta il cessate il fuoco nel nord della Siria dove è cominciato il ritiro curdo in base all’intesa pe runa tregua siglata tra Washington e Ankara. Entro 120 ore, ovvero cinque giorni, le milizie Ypg in Siria si ritireranno dal confine con la Turchia. Una volta concluso quello curdo, sarà la volta del ritiro turco dall’area. “Il ritiro – ha spiegato il vice presidente americano, Mike Pence, oggi a Ankara per negoziare l’accordo con Recep Tayyip Erdogan – è già iniziato e andrà avanti. Ypg ci ha garantito che si ritirerà dall’area. La priorità di entrambi è stata quella di evitare la morte di innocenti. L’intesa tra i nostri due Paesi è totale e ora lavoreremo insieme alla costituzione e alla gestione della safe zone”.

“La Turchia – ha aggiunto – ha accettato di non effettuare alcuna operazione militare verso Kobane. Abbiamo trovato un’intesa per risolvere l’impasse in maniera pacifica. Con la Turchia condividiamo la stessa idea di lotta all’Isis, e proseguiremo su questa strada allo stesso modo condividiamo la necessità di garantire il ritorno dei civili nella regione e favorire la convivenza tra le minoranze presenti nella medesima area”.

(la Redazione)

 

 

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin

Articoli correlati

Potrebbero piacerti

Galateo, ovvero l’educazione perduta: riscopriamolo
Galateo, una parola che sentiamo spesso. "Non riempire troppo il [...]
Nodi marinari: esempi e storia di una tradizione millenaria
Saper fare un nodo è una cosa che può risultare [...]
I figli sardine anti Salvini, i papà anti Berlusconi: quei flash mob revival
C'è il paese dei gilet gialli e quello delle sardine (che [...]
L’esercito Siriano avanza nei territori di Idlib occupati dai Jihadisti
Le forze governative del presidente Assad avanzano lentamente nella parte [...]
Ultime

NOTIZIE

Seguici su

Facebook

Ultime da

Twitter

Scroll Up