Galateo

Galateo, ovvero l’educazione perduta: riscopriamolo

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Galateo, una parola che sentiamo spesso. “Non riempire troppo il bicchiere, è norma del Galateo”, oppure “il Galateo dice che il tovagliolo va messo sulle gambe a tavola”. Per non parlare di altri “consigli sorprendenti”, come il pollo che si mangia con le mani e non con le posate.

Andiamo a vedere meglio la storia plurisecolare di questo codice così popolare e al tempo stesso così dimenticato, in una società come la nostra che da decenni viene educata all’oblio, alla superficialità e, spesso, anche alla maleducazione.

Chi ha inventato il Galateo: le origini

La nascita del Galateo è inquadrata intorno al III secolo d.C. per opera di Clemente Alessandrino, che nella sua opera Il pedagogo mise “in ordine” le regole per vestirsi, per mangiare e anche per parlare correttamente.

Ma la maturazione del codice ha sviluppi più recenti. Si ricorda Galateo overo de’ costumi di Giovanni Della Casa, pubblicato nel 1558, in cui venivano ulteriormente normate regole di buon comportamento.

Galateo Giovanni Della Casa
Il Galateo: opera di Giovanni Della Casa

La parola è connessa con l’italiano “etichetta” per indicare appunto una presentazione, una veste a cui adeguarsi nell’interesse dell’armonia di gruppo. Il testo di Della Casa, divenuto ormai celebre, citava le regole comportamentali da rispettare a seconda delle circostanze. E si differenziava dal Bon Ton, nato in Francia nel XVII secolo e diretto più al “gusto di saper vivere” piuttosto che a delle norme a cui tenere fede.

Il trattato era in forma dialogica, di ispirazione platonica.Un giovane dava ascolto a un vecchio, che gli spiegava le esperienze cortigiane accumulate in tanti anni.

Trenta capitoli: nel primo si comincia già a descrivere il vero signore, o galantuomo, e le sue caratteristiche generali. Sempre piacevole e di bella maniera, il buon signore deve comportarsi, anche nei dettagli, in modo da non arrecare alcun fastidio, sia perfino mentale oltre che visivo, agli altri.

Dunque mai guardare nel fazzoletto dopo essersi soffiato il naso, mai sputare e mai sbadigliare. Ogni mossa misurata, ogni gesto posato sulla buona apparenza nei riguardi degli altri.

Nel complesso, buona parte delle regole del codice scritto da Della Casa trascendono l’epoca in cui fu scritto, nel senso che potrebbero essere applicate sempre, anche se alcuni dettagli manifestano un legame culturale precipuo con quegli anni (ad esempio, la possibilità di lavarsi le mani davanti ai commensali, per una ragione ben più igienica di quelle odierne, visto che nel XVI secolo il piatto si divideva ancora con altre persone e le posate non erano utilizzate da tutti). Altre, ovviamente, sono state introdotte in base al progredire degli anni (su tutte, il non parlare al telefono mentre si sta a tavola).

Il Galateo oggi: alcuni esempi

Di Galateo si parla ancora oggi, certamente. Soprattutto a tavola. D’altronde proprio la tavola è stata una delle origini normative del codice stesso. Ed ecco che il Galateo si interessa di ricordare a tutti di sedersi con i commensali con le mani pulite, in una posizione di equidistanza e non di eccessiva vicinanza, di mangiare silenziosamente, di non stendere le gambe sotto il tavolo, e via discorrendo.

Interessante anche la precisazione sulla postura, secondo la quale è da evitare assolutamente la mossa di chinarsi per raggiungere il cibo, ma piuttosto di portare sempre la posata impiegata alla bocca e non il contrario.

In certi casi le regole del Galateo non sono perfettamente logiche, o quanto meno sono in contrasto con l’uso comune: ad esempio, il fatto che la forchetta vada tenuta con la mano destra e il coltello con la sinistra, nonostante le abitudini massificate siano, in questo caso, radicalmente contrarie.

Oppure il divieto di dire “Buon appetito augurio che secondo la filosofia in questione ha origine medievale, quando il cibo non era un piacere conviviale ma una necessità.

Galateo a tavola
Esempi di Galateo a tavola

Nelle comunicazioni informali, occhio all’equilibrio delle parole. Mai intervenire se non interpellati, o ancora sempre utilizzare la richiesta di permesso per dare un consiglio (“Se posso permettermi” è un buon inizio).

Il Galateo nel cinema

Il Galateo è stato spesso oggetto di ironie nella società contemporanea, in taluni casi divenuto spunto per una satira anche divertente.

Basti pensare al successo che ebbe nel 1957 il film Il Conte Max con Vittorio De Sica e Alberto Sordi, remake di una pellicola del 1937 che per ironia della sorte aveva avuto come protagonista il primo dei due. In una popolarissima sequenza, il Conte (De Sica) spiegava all’edicolante e popolano Alberto, ansioso di migliorare il proprio status sociale, le norme di buona educazione verso le donne e nel corso di un pasto.

Conte Max galateo
Il Conte Max con Vittorio De Sica e Alberto Sordi

Se tale ironia ha avuto anche dei meriti notevoli (come quello di contribuire a produrre una società meno formale), sotto altri aspetti ha sicuramente promosso un’idea dell’approccio alla vita in cui le regole del Galateo hanno lasciato spazio all’impatto anche violento e spesso maleducato, nella priorità assoluta di “essere sinceri” e “non ipocriti”.

Riscopriamo la buona educazione

Alcune delle norme del Galateo sono lontane da una vera logica. Ciò non toglie che il codice, nel complesso, inquadri a una più corretta disposizione verso il prossimo, nel vestire, nel parlare e nel mangiare. Il cibo è un elemento abbastanza centrale, soprattutto come atto di condivisione e convivialità.

La società attuale fa uso solo in parte delle norme del Galateo. Alcune sono divenute insite nel comportamento abituale, altre considerate distanti da una spontaneità che il modernismo degli ultimi 50 anni considera preponderante.

Recuperare un codice di comportamento, e in generale delle regole, è un’esigenza della morente società occidentale. In tal senso riprendere a vivere con più correttezza anche un insieme di rigidità come quelle del Galateo potrebbe essere importante anche per fini che noi percepiamo come più importanti, quali l’ordine e il rispetto della cosa pubblica.

LEGGI ANCHE –>Il latino oggi: perché dobbiamo continuare a studiarlo

(di Stelio Fergola)

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