La (triste) parabola dei Cinque stelle: dalle velleità rivoluzionarie di Beppe Grillo a partito «fluido», nel senso peggiore del termine e capace come un camaleonte di adattarsi a ogni situazione, pur di galleggiare, senza alcun ideale politico e con l’unico vessillo dell’onestà. Chi scrive è convinto che il governo «giallo-verde» fosse il migliore possibile e che Matteo Salvini abbia commesso un errore a staccare la spina, pur con tutti i limiti evidenti che quel governo incarnava: ma se i Cinque stelle dovessero concretamente allearsi per un «governo di legislatura» con il Partito democratico, allora per il Movimento si tratterebbe di un funerale. Una morte indegna.
Quando i Cinque stelle volevano “aprire il Parlamento”
Era il febbraio 2013 quando Beppe Grillo scriveva: «Apriremo il parlamento come una scatoletta di tonno. Scopriremo tutti gli inciuci, gli inciucetti e gli inciucioni: quando illumini il ladro, il ladro non ruba più».
Sempre nel 2013, mentre si prospettava un’apertura del Pd ai Cinque Stelle, Grillo replicava con veemenza: «Il M5S non darà alcun voto di fiducia al Pd (né ad altri)», avverte Grillo. Ancora: il movimento «voterà in aula le leggi che rispecchiano il suo programma chiunque sia a proporle». L’ex comico attacca a testa bassa: «Bersani è uno stalker politico. Da giorni – ricorda Grillo – sta importunando il M5S con proposte indecenti invece di dimettersi, come al suo posto farebbe chiunque altro. Ha superato la buonanima di Waterloo Veltroni».
Ma non occorre andare troppo in là nel tempo per ripescare gli attacchi (durissimi) dei Cinque stelle al Partito democratico. «Mai con il partito di Bibbiano, non voglio avere nulla a che fare con il Pd» diceva a luglio il vicepremier Luigi di Maio.
Cinque stelle: pronti all’accordo con chi ha tradito il Paese
E così, pur di tenersi stretta la poltrona e stringere accordi con chi ha svenduto la sovranità dell’Italia (il Pd e i suoi eredi), buona parte dei Cinque stelle è pronta ad accordarsi con i dem. «Accordo col Pd? Abbiamo governato con Salvini, il punto più basso della storia politica italiana, e per questo non vedo preclusioni con nessuno, basta che si parli di temi. Di Maio ha detto che il PD è il partito di Bibbiano? La sua linea ha fallito. Non ha più la forza di qualche mese fa. Spero si limiti nelle sue esternazioni. Io non vedo nessuna preclusione nel fare un lavoro serio, costruttivo col Partito Democratico piuttosto che con la Lega ma con un Movimento 5 Stelle in grado di imporsi di più». Così a Radio Cusano Campus Elena Fattori del M5S.
Le cinque condizioni del Pd per trattare con i Cinque stelle
Come riporta IlGiornale.it, il primo punto per le trattative per il nuovo possibile esecutivo sarà la manovra finanziaria: “Togliamoci dalla testa che trovare 23 miliardi sia facile, per questo la manovra è il primo punto del confronto”. Fondamentale anche “l’impegno e l’appartenenza leale all’Ue”, nel tentativo di costruiere un’Europa rinnovata, che abbia alla base i diritti al lavoro, alla libertà, che sia solidale e sostenibile, nel rispetto “della dignità umana in ogni sua espressione”. Inoltre, chiunque voglia unirsi al Pd di Zingaretti dovrà garantire “il pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa incarnata dai valori e dalle regole scolpite nella Carta Costituzionale a partire dalla centralità del Parlamento”. Condizione necessaria sarà anche la volontà di operare una svolta nell’organizzazione e nella gestione dei flussi migratori, “fondata sui principi di solidarietà, legalità e sicurezza. Nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali e l’impegno prioritario per affermare un pieno e diverso protagonismo dell’Europa in questi temi”. Infine, al Paese servirà una svolta “delle ricette economiche e sociali a segnare da subito un governo di rinnovamento in una chiave ridistributiva e di attenzione al lavoro all’equità sociale, territoriale, generazionale e di genere”.
(La Redazione)