Ritornano le Ong nel Mediterraneo, ecco dove finiremo

Ritornano le Ong nel Mediterraneo, ecco dove finiremo

La diatriba della SeaWatch ha riportato in auge il dibattito sulle Ong e le loro operazioni nel Mediterraneo centrale. Il braccio di ferro del capitano Carola Rackete con il ministro dell’interno Matteo Salvini è stato a più riprese utilizzato dai quotidiani nazionali come uno scontro manicheo fra il bene (Carola) e il male (Salvini). Il punto è che la sua strumentalizzazione ha in qualche modo distorto gli elementi più importanti.

In pratica, non si tratta di andare contro Salvini, ma contro lo Stato italiano, che ha delle leggi che vanno rispettate. Contemporaneamente, non riguarda il blocco dei flussi migratori tout court, ma una loro gestione.

In tal senso, è passato in sordina il rinnovo dei corridoi umanitari da parte di Salvini. Un sistema collaudato, funzionante ed efficiente per il soccorso e l’integrazione dei profughi, che vengono prelevati direttamente in patria per essere portati in Italia in modo legale. Viene saltata tutta la tratta illegale, della quale le Ong sono solo l’ultimo anello della catena (se consapevolmente o meno non è fondamentale).

I morti nel Mediterraneo sono oggi molti meno

Ovviamente, l’apertura dei corridoi umanitari si integra con la chiusura dei porti, politica che ha portato le morti nel Mediterraneo per naufragio dalle 4.248 del 2016 alle attuali circa 500 (dati UNHCR).

Cosa significa questo? Innanzitutto, più flusso sostenibile e legale, meno tratta illegale, togliendo risorse ai trafficanti e vedendo diminuire i morti in mare (purtroppo fisiologici in un flusso migratorio illegale e gestito dalle mafie e dai trafficanti). Inoltre, vengono salvati i veri profughi. Su quest’ultimo punto è necessario poi essere chiari: nessuno nega l’entrata dei profughi. Ciò che invece si vorrebbe evitare è l’arrivo incontrollato di migranti economici i quali in Italia non troverebbero un mercato del lavoro dignitoso pronto ad accoglierli.

Ritornano le Ong nel Mediterraneo, ecco dove finiremo
Il Ministro dell’Interno Matteo Salvini e la “capitana”Carola Rackete, la magnate tedesca delle Ong

Cura Salvini delle ONG nel Mediterraneo

Insomma, che piaccia o meno, la cura Salvini sul piano migratorio, per quanto ancora insufficiente (ci vorrebbero infatti accordi con i Paesi di origine dei migranti e qualcosa di più di una semplice firma che vieta lo sbarco alla nave Ong di turno), sta avendo come risultato meno morti[1] e una gestione più razionale del flusso migratorio. La strada da fare è molta, ma sempre meglio questi primi piccoli passi anziché il nulla tartarico dei governi precedenti (escluso Minniti).

Infine, un’ultima considerazione sul vero obiettivo politico, come ha dichiarato Carola Rackete sull’intervista a Repubblica, delle Ong: il decreto sicurezza bis. Questo seppur firmato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di certo non un novello Hitler. Il decreto sicurezza può non essere condiviso e tuttavia esso va combattuto in parlamento, tramite il processo democratico, non utilizzando dei disperati come grimaldello politico per dar contro al governo.

Ritornano le Ong nel Mediterraneo, ecco dove finiremo
Membri di una ONG attiva nel Mediterraneo e i Clandestini che fanno sbarcare in Italia.

Utilizzare agenti esterni, non governativi e dunque che non devono rendere conto a nessuno delle proprie azioni, non solo è pericoloso per la sicurezza nazionale, ma manomette la democrazia e lo Stato di diritto.

Oggi Carola può impunemente violare un divieto di ingresso e speronare una motovedetta delle FF.OO., domani che potrà succedere? Un’ambulanza potrà impunemente sfrecciare sul marciapiede rischiando di uccidere decine di persone per salvarne una?

(di Alessandro Carocci)

 

Note:

[1] L’obiezione a questo punto sarà: “Ma in Libia muoiono nei campi di concentramento!“. Vero, ma in parte. Muoiono nei campi di concentramento illegali, non quelli legali (monitorati dall’Onu). La presenza di campi illegali, per quanto orribile, è ovvia in un Paese come la Libia.

Ne esistono in tutto il mondo (uno dei più famosi si chiama Guantanamo ed è di proprietà di coloro che hanno distrutto la Libia), e l’Italia non può farsene carico. Inoltre, questi rimangono funzionanti fintanto che la tratta illegale continua. Un motivo in più per stroncarla.

 

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