Formula 1: Mercedes, il gigante dai piedi d'argilla

Formula 1: Mercedes, il gigante dai piedi d’argilla

In un precedente articolo ci eravamo chiesti: alla fine, in Formula 1, quanto pesa un campione vero? Oggi non avremo una risposta, ma sicuramente potremo pesare quanto è Signore un pluricampione. E con lui la sua squadra.
Nel Gran Premio del Canada 2019 si è consumata una delle pagine più brutte della storia della Formula 1 moderna: in un bellissimo corpo a corpo tra Vettel e Hamilton, dove i titoli mondiali piovevano come caramelle, il giustizialismo è entrato a gamba tesa rovinando forse il passaggio più interessante di una stagione segnata da un noioso quanto opprimente monopolio di Grigio.
La decisione dei commissari di penalizzare Vettel per il rientro in pista pericoloso, ha scatenato uno scroscio impressionante di critiche, fino ad arrivare a insulti e minacce nei confronti dei tre (tra cui il connazionale Emanuele Pirro). Una reazione eccessiva, ma sintomatica della frustrazione in cui versa il patito medio di fronte all’ingiustizia e alla monotonia di un Circus che ormai è una semplice passerella per la Mercedes.
Tutta la frustrazione di una stagione annunciata come combattuta, di riscatto per la Ferrari come contender nel puro significato del termine. Non per il tifoso di Maranello, ma per il tifoso dello sport. Diciamolo chiaramente, la qualità di un duello è direttamente proporzionale al valore dei partecipanti. Invece no: l’ennesima delusione, l’ennesimo piatto dominio spacciato per sfida, lungo un ulteriore e interminabile anno. Sia chiaro, vincere non è una colpa: lo diventa però quando ci si macchia, come in questo caso, di pochezza sportiva e soprattutto quando l’ipocrisia di cui troppo spesso trasuda questo mondo, ha il sopravvento.
Primo segnale. 6 giugno 2019, Hamilton durante la consueta conferenza stampa del giovedì al Gran Premio del Canada, tuona: “La F1 dovrebbe essere una cosa da uomini e molto difficile a livello fisico, invece i ragazzini arrivano e si adattano subito”. In meno di tre giorni il nostro Pietro, al primo accenno di scontro fisico, chiama subito la mamma al muretto lamentandosi: “È rientrato in maniera pericolosa!!” – “Ce ne stiamo occupando Lewis”.
Secondo segnale, Toto Wolff nell’intervista post gara rilasciata a Sky: “Questa situazione è difficile. C’è una regola che dice che si deve lasciare una macchina di spazio, ma anche noi vogliamo vedere gare dure. Per questo la una ragione non può essere il 100% da una parte”. Il caro Toto Wolff, che per l’occasione soprannomineremo Ditino, non appena Hamilton ha reclamato via radio, ha premuto un pulsante dal muretto: probabilmente quello per le segnalazioni e simili agli steward, rincuorando subito il suo pilota. “Fate come i preti dicono, non come i preti fanno”.
In dieci giorni in cui i vari commissari sono stati messi letteralmente in croce, vale la pena spendere due tirate d’orecchie a chi parla bene ma nei fatti razzola male. Il binomio Hamilton – Mercedes, in questo caso. Una vittoria di Pirro quella finale, comunque vada la storia. Per la Mercedes, adesso, visti i fischi e le critiche ricevute. Per la Ferrari, dovesse vincere il riesame. Per la credibilità della Formula 1, già ampiamente tempestata di ben altre problematiche con l’arrivo di Liberty Media.
A dieci giorni dalla fine del Gran Premio infatti, l’esito non è ancora deciso. La Scuderia Ferrari ha voluto chiedere una revisione del risultato, come possibile da regolamento. Una scelta figlia probabilmente dell’acquisto dell’ing. Laurent Mekies, che Maranello ha realizzato l’anno scorso dalla FIA: lui, vicedirettore di gara della F1 secondo solo a Charlie Whiting, il regolamento lo conosce a menadito. Venerdì 21 giugno, saranno infine convocate le parti e (ri)deciso il successo finale. Per la terza volta. Con il risultato che nessuno, comunque sia, avrà vinto.
(di Davide Bologna)

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