Non si arrende Carola Rackete, capitano della Sea Watch, ed è pronta a ignorare sia i divieti del governo italiano sia quelli – ben più rilevanti per chi è stato formato a pane e presunta solidarietà, noi di Oltre la Linea non li riteniamo affidabili comunque – della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
“Forzerò il blocco a costo di perdere la nave”, dice Carola, che con il decreto sicurezza bis rischia la confisca dell’imbarcazione, oltre a una multa salata per la ONG stessa.
Nel frattempo Sea Watch lancia una campagna sui social in cui esalta il “capitano Carola” e chiede fondi per “difendere i diritti umani”.
“Se il nostro capitano Carola segue la legge del mare, che le chiede di portare le persone soccorse sulla SeaWatch 3 in un porto sicuro, potrebbe affrontare pesanti sentenze in Italia. Aiutate Carola a difendere i diritti umani, donate per la sua difesa legale”, si legge testualmente. Un atto di guerra, stavolta esplicito di chi dichiarando di voler salvare vite ha costretto per 2 settimane 42 persone a rimanere in mezzo al Mediterraneo, quando di alternative nello stesso lasso di tempo ce ne sarebbero state tante, probabilmente decine.
Le ONG non mollano, il governo per ora tiene. In ogni caso la tendenza si è invertita rispetto ad alcuni anni fa, quando queste organizzazioni erano assolutamente intoccabili e ora sono costrette a essere giudicate negativamente anche da chi (Corti internazionali di ogni genere) prima le aveva sempre appoggiate.
(la Redazione)