La Sea Watch forza il Decreto Sicurezza bis: è nelle acque territoriali italiane

La Sea Watch forza il Decreto Sicurezza bis: è nelle acque territoriali italiane

La Sea Watch forza il blocco del Decreto Sicurezza Bis ed è nelle nostre acque territoriali. Il “battage emozionale” sorto dalla decisione della CEDU di respingere il suo ricorso a sbarcare sulle nostre coste non ha cambiato di una virgola la sua criminale strategia.

È ufficiale: la guerra delle ONG allo Stato italiano è dichiarata. Se non si vedranno questi scafisti istituzionalizzati distrutti e i loro cotonieri silenziati, temo si andrà verso lidi imprevedibili e dall’elevatissima pericolosità. L’unico porto sicuro, dopo due settimane dinanzi a Lampedusa, doveva essere il nostro. Altri no.

Nonostante il mare piatto e le condizioni meteorologiche ottimali avrebbero consentito la scelta di ogni altra destinazione (anche “sicura”, come piace dire a loro). Una presa per i fondelli che farebbe gridare vendetta a qualsiasi intelligenza media non ottenebrata da retoriche multiculturaliste terminali o frasi mielose di Jorge Bergoglio. Mai come adesso spero in un’opinione pubblica compatta che gridi all’abbordaggio di questa nave pirata da parte della Marina Militare e all’arresto della “capitana”. È l’unica speranza di riscatto.

Diversamente, il destino è combattere una battaglia infinita alimentata, anche, da un nemico interno di cui sappiamo benissimo nomi, cognomi e affiliazioni. Tolto di mezzo un comandante ne arriverebbe subito un altro. Sui pupari dietro queste “anime pie”, invece, non si ha giurisdizione alcuna. I confini sono sacri per qualsiasi Nazione che si rispetti. Non sono interpretabili dalla primo “attivista” centrosocialoide che millanta uno stato di necessità inesistente. La sovranità territoriale deve prevalere su qualsiasi interesse se questi tentati immigranti illegali sono disperati o speranzosi. La misura è colma.

(di Davide Pellegrino)

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