Stop ora di religione, ultima battaglia progressista

Stop ora di religione, ultima battaglia progressista

Abolire l’ora di religione. Questo lo scopo finale della mozione presentata al Senato da alcuni parlamentari. Si parla di sostituzione con l’educazione civica, o almeno questo è ciò che sostengono i senatori che hanno depositato la richiesta, ovvero Emma Bonino di + Europa, Roberto Rampi e Tommaso Cerno del PD, Loredana De Petris di LeU, Carlo Martelli del Gruppo Misto, ma anche Maurizio Buccarella, Elena Fattori e Matteo Mantero del M5S.

La mozione sull’ora di religione nasce dall’appello di gennaio di Carlo Troilo, dirigente della Associazione Luca Coscioni, in occasione del novantesimo anniversario dei Patti Lateranensi. Nella mozione si legge che “tutti questi privilegi per la Chiesa Cattolica contrastano con la crescente secolarizzazione della società italiana dove i cattolici praticanti sono circa il 30% della popolazione, e scendono al di sotto di questa percentuale fra i giovani”.

Le dichiarazioni di Troilo sono però di più ampio respiro: “Il nostro obiettivo  è quello della laicità dello Stato, che non è un obiettivo antireligioso, ma anzi profondamente rispettoso della libertà religiosa e di espressione. Vorrei che la scuola fosse il luogo dove vengono insegnati il pensiero critico e l’educazione civica, e vorrei che il danaro pubblico fosse utilizzato per finanziare progetti di interesse pubblico invece che assegnati a fondo perduto a organizzazioni religiose, che poi lo utilizzano anche per campagne politiche, come accaduto per il sabotaggio del referendum sulla legge 40. I privilegi fiscali per gli enti legati al Vaticano, oltre ad essere un danno per tutti i cittadini, sono una offesa innanzitutto ai cattolici, che vedono impropriamente utilizzata la motivazione religiosa per imporre misure di iniquità fiscale”.

Niente religione, sì all’educazione civica. Ma a quanto pare primi “sì” anche ad elementi di cultura islamica, stranamente sostenuti dai lottatori per la “laicità dello Stato”: si ricordi il caso delle ore di arabo in una scuola elementari, ben lontane dalla classica “lingua straniera” impartita e di solito culturalmente ben più prossima a noi (l’inglese, il francese, lo spagnolo o il tedesco).

Se a scuola intestardirsi contro un quadro formativo che – dovrebbe essere ovvio ma evidentemente non lo è – non afferisce certamente alla fede ma alla preservazione culturale di certe radici ineludibili non solo dalle radici italiane ma addirittura europee, la questione si fa più interessante se si analizzano altri aspetti della richiesta.

Si potrebbe considerare infatti un lato relativamente positivo del testo quello di stabilire non solo le regole sull’IMU dei beni immobili della Chiesa Cattolica ma anche di recuperare le ICI non pagate in passato. Relativamente perché andrebbe sempre ricordato che non è solo la Chiesa cattolica a non pagare le imposte sugli immobili, ma qualunque confessione professi in un luogo di culto.

Tuttavia, la schiacciante maggioranza di immobili del Vaticano sul nostro territorio – per palesi ragione storiche – rispetto a quelli di altre religioni, suggerisce che forse una riflessione sul tema potrebbe svilupparsi.

(la Redazione)

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