Il 19 marzo 2019 alle ore 19 kazake (le 15 italiane), Nursultan Nazarbayev ha annunciato le proprie dimissioni da Presidente del Kazakistan. La sorprendente notizia giunge per molti inattesa, nonostante la veneranda età del politico kazako (78 anni) e le recenti indiscrezioni circa un suo passo indietro dalla carica. Le funzioni di Presidente ad interim saranno svolte dal Presidente del Senato Kassym-Jomart Tokayev, secondo le procedure previste dalla costituzione.
In base alla legge kazaka, Nazarbayev avrebbe dovuto rivestire la carica di presidente fino al 2020, anno delle nuove elezioni, dopo un’estensione del limite di due mandati consecutivi approvata nel 2007.
Nazarbayev rimarrà comunque leader del partito di governo Nur Otan e presidente a vita del Consiglio per la Sicurezza del Kazakistan, un organo con poteri di coordinamento su tutte le strutture statali e governative. Questo significa che non abbandonerà la vita politica, suggerendo (forse) un modello per future simili uscite di scena in Russia, Bielorussia e altri paesi dell’ex Unione Sovietica. Lo scorso anno, Nazarbayev è stato insignito del titolo di Guida della Nazione, venendo di fatto elevato al rango di Padre della Patria del Kazakistan.
Spesso duramente criticato per le sue politiche autoritarie in materia di democrazia e diritti umani, si deve alla leadership trentennale di Nazarbayev il forte sviluppo dell’economia del paese, ottenuto grazie alle ingenti risorse petrolifere kazake, la capacità di attrarre numerosi capitali esteri e stare al passo con la globalizzazione, nonché il supporto al progetto d’integrazione eurasiatica fin dai primi anni d’indipendenza.
Nazarbayev fu il primo, nel 1994, a sostenere un progetto d’integrazione nello spazio post-Sovietico per mantenere le infrastrutture comuni e le economie locali legate fra loro, al fine di favorire la stabilità e lo sviluppo nella regione.
Nazarbayev è riuscito a rendere il Kazakistan un unicum nell’area, sia dal punto di vista della stabilità economica che politica, agendo da ago della bilancia nei fragili equilibri dell’Asia Centrale e favorendo lo sviluppo di relazioni amichevoli tra i paesi dell’area, fra cui Russia e Cina, nel quadro dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai.
(di Elia Bescotti)