“Il gregge alza la testa”: un romanzo adatto al momento

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Cosa rende Il gregge alza la testa un romanzo adatto al momento? Prima di spiegarlo si dovrebbero porre alcune basi. Soprattutto perché nei vari salotti dei finto-intellettuali dissidenti che belano paralleli alla corrente, i professionisti dell’anticonformismo pre-confezionato, i guru dell’originalità banalmente ricercata si è fatta un po’ indigesta l’isteria citazionistica rivolta immancabilmente ad Orwell (ma anche Bradbury) – ormai menzionato anche da “ciccio del bar” – una mania attuata per la stragrande maggioranza da gente che non lo ha capito (o che ha finto di leggerlo)…e che ignora il personaggio e la sua reale entità, essendo allo scuro delle dinamiche di un certo tipo di tradizione della fantascienza post epoca d’oro e new wave a seguire.

Il gregge alza la testa

Gabriel Garcia Marquez diceva “vivere per raccontarla” Applicandola a molti che ci circondano potremmo aggiustarla così: “Millantare per chiacchierarla”
Erroneamente questa premessa potrebbe sembrare altezzosa o lapidaria, in realtà è la risultante di tanto carico di sopportazione. Brunner è senza dubbio un nome noto a quei lettori che hanno navigato negli spazi della galassia Urania e nei Cosmo. La sua opera è contraddistinta almeno in quattro o cinque nitidi casi di una notevole narrativa d’anticipazione non priva di quel tocco visionario che la rende plumbeamente anni 70 ma anche dotata di costrutti moderni e finemente intessuti.

Il ciclo a cui appartiene Il gregge alza la testa è comprensivo anche di Tutti a Zanzibar e L’Orbita Spezzata. Nella sostanza di questi romanzi è percepibile la transizione degli anni ’60 verso i ’70, e tutta la forza di quel riflesso invecchiato ma futurologico. Elementi di inusitato valore che permettono a questo segmento di narrativa di assurgere ad uno status particolare, sotto certi aspetti unico come l’epoca d’oro di Williamson, Wyndham e il più grezzo Van Vogt, ma anche degli Asimov e Heinlein.

Il Gregge alza la testa, Brunner è stato in grado di anticipare Gibson…

Questo è un fatto. La cosmologia dello scrittore scozzese divide i suoi profili distintivi tra la space adventure/space opera dalle opere di fantascienza britannica visionaria, i due binari sono divisi da una direttrice che molto spesso chiude ogni relazione. L’ area più autoriale di Brunner è certamente derivativa, anche se non in senso negativo, da Orwell, oltre che capillarmente attraversata da tematiche come eugenetica e intelligenza artificiale, ma anche da conflitti razziali, psicologie sociali deformate, sovente dovute a fattori come la vendita delle armi, la depressione che affligge la società umana, la dipendenza dai farmaci diffusa, la rappresentazione di poteri costituiti e istituzioni scientiste e psichiatriche.

Nel tratto letterario a cui appartiene Il Gregge alza la testa troviamo al pieno del protagonismo l’inquinamento, l’erosione progressiva dell’ambiente e l’inganno delle grandi corporazioni sui popoli, che di certo potrebbe ricordare il ruolo odierno dell’istanza del “Green” o del fenomeno paralogico e manipolativo di Greta Thurnberg.

Il romanzo pone la sua base di partenza in un momento sospeso, dove la progressione del collasso è in procinto di iniziare. La sua suddivisione cronologicamente scandita (I capitoli del romanzo sono i mesi dell’anno che è anche l’arco temporale di svolgimento della trama) lascia capire che l’inizio del romanzo corrisponde proprio allo sviluppo della fine, un deliquio della società dove ogni evento succede in propedeusi all’altro: distruzioni di raccolti agricoli e della natura, pandemie, malattie diffuse dal cibo che le corporazioni industriali fabbricano spesso sotto propaganda umanitaria e veicolata da aiuti a paesi poveri.

Il gregge e la politica

La componenti politiche e mediatiche, proprio come nell’odierna realtà, sono entrambi asservite ai grandi poteri industriali e finanziari e svolgono un ruolo chiave nel comportare la reazione tardiva del “gregge”. Perché Il gregge alza la testa possiede a tutt’effetto il dono profetico delle grandi opere della fantascienza visionaria. Il disastro è assolutamente imperante e l’attanagliante senso di inerzia che si prova verso continenti e mari, ridotti a discariche estese, deserti inquinati o fogne chimiche è irreparabile. Molti uomini si coprono d’un manto illusorio e goffo, riappropriandosi d’un barlume di cognizione, affannandosi – derelitti – nel cercare ritorni alle origini, coltivazioni bio e metodiche complessive del tutto insipienti nel cataclisma, che nel ritmo di mese in mese avanza, travolgendo alla fine anche i membri delle élites. Un concetto chiave in Brunner è il “comprendere troppo tardi” e l’impotenza degli uomini nel valutare gli eventi.

Ritroviamo nella realtà quell’incapacità di reazione dei popoli, ormai spettatori immoti, acritici e passivi verso ogni evento, incapaci di cogliere le provocazioni e le sperimentazioni di ingegneria sociale lanciate dal potere proprio al fine di test o addirittura all’instillazione di veleni sociali . Quei popoli, ormai più identificabili in “masse” sempre soggetti ad essere disattivati nel momento in cui il dissidente, prosciugato dagli inganni della propaganda, commuta la sua attitudine critica nell’indignazione al click, trasformandosi da ribelle a cliente nel negozio delle indignazioni.

Molto ironico – sotto certi aspetti – vedere come il para-ministero degli intellettuali, sempre molto brillanti nel citare romanzi distopici (fingendo di averli letti o capiti) non abbiano semplicemente pensato a leggere John Brunner, cosa certo meno fruttuosa dello “scroccare” citazioni di quinta mano su Orwell come fossero spritz dell’apericena, ma forse risiede anche in questo quel concetto di “tardivo risveglio” che il narratore di fantascienza ha acuito nella sua distopia.
Dal momento che Dick stimava Brunner, sarebbe opportuno chiudere realizzando una cosa:…Quelle “pecore elettriche” che gli androidi sognano, ….o per meglio dire comandano, siamo ormai proprio noi, che maneggiamo molto bene la cultura ma non la afferriamo.

(di Pat Antonini)

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