Porta Aperta Cina

La politica della porta aperta in Cina

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Il 2 Gennaio 1900 il segretario di Stato americano, John Hay annunciò la politica della “Porta Aperta” in Cina.

 

“Porta Aperta” e Cina

 

Del resto c’erano stati già diversi interventi americani diretti verso il Celeste Impero in totale declino durante l’Ottocento, allo scopo di procurarsi e mantenere posizioni commerciali. E inoltre tra gli Stati Uniti e Cina che si giocherà il futuro shift of power il quale porterà molto probabilmente alla conclusione del secolo americano. La pandemia ha ulteriormente accelerato questo processo: secondo la previsione del Center for Economics and Business Research la Cina diventerà la prima potenza economica mondiale già nel 2028.

Neanche Trump è riuscito attraverso la “trade war” a rallentare tale processo così come non ci sono riuscite le amministrazioni precedenti. La vera incognita geopolitica degli anni a venire è rappresentata da un eventuale conflitto tra le due superpotenze come illustrato dalla trappola di Tucidide, concetto secondo cui la guerra tra la potenza emergente e quella egemone è quasi inevitabile. Nel corso della storia i rapporti tra Stati Uniti e Cina hanno alternato momenti di distensione e competizione. Un esempio di competizione oltre a quello attuale può essere fornito dalla politica interna americana con il Chinese Exclusion Act del 1882, una legge federale che vietava l’immigrazione dei lavoratori cinesi. Fu la prima legge che impediva ad un intero gruppo etnico di emigrare.

Cina e Occidente

Esempi di distensione sono l’apertura verso la Cina voluta da Kissinger negli anni ’70 in funzione antisovietica e l’Open Door Policy come ricordato ad inizio articolo. Ecco la sua genesi ed evoluzione. Bisogna partire dal conflitto fra Stati Uniti e Gran Bretagna del 1812, il quale ebbe origine da tensioni di tipo commerciale: l’espansione degli Usa ad ovest era considerata dalle lobby delle pellicce come opportunità di scambiare merci con la Cina in futuro. Fino alla Seconda Guerra Mondiale, però, gli Stati Uniti dovettero fare i conti con Gran Bretagna, Francia, Germania e Giappone anch’esse interessate alla Cina.

L’obiettivo americano mirava a far sì che nessuna di quelle grandi potenze ottenesse lo sfruttamento esclusivo del paese. Gli Stati Uniti difesero l’integrità territoriale del Celeste Impero nei confronti degli stranieri. Senso della Open Door Policy era lasciare la porta del mercato cinese aperta a tutti, visto che non se ne poteva avere l’esclusiva, in quanto gli USA dal punto di vista militare erano ancora inferiori rispetto alle potenze europee. Con tale strategia venivano riconosciute le sfere d’influenza senza applicare discriminazioni commerciali, e soprattutto, salvaguardando l’integrità territoriale cinese. Una strategia di politica estera, quella intrapresa dal segretario John Hay, giustificata all’apparenza dal principio di Autodeterminazione dei popoli.

Naturalmente, quando scoppiò la Rivolta dei Boxer — una sollevazione da parte di elementi nazionalisti cinesi che volevano liberare la Cina da ogni influenza straniera, e quindi proprio “autodeterminarsi” —, gli Stati Uniti intervennero con le armi in Cina al fianco degli europei per soffocare la rivoluzione. Intanto il vicino giapponese, potenza coloniale e militare in ascesa tormentato sin dalla seconda metà del Cinquecento dalle missioni commerciali di portoghesi, spagnoli, olandesi e inglesi, ) proibiva ogni contatto con gli Occidentali. Vennero però alla carica gli americani: nel luglio 1853 l’ammiraglio Matthew Calbraith Perry si presentò con una flotta nella baia di Tokyo ed obbligò i giapponesi al Trattato di Kanagawa, firmato il 31 marzo 1854, in base al quale questi ultimi accettavano le missioni commerciali americane.

I giapponesi capirono subito qual era l’unica strada: le prime merci che acquistarono dagli americani furono materiale ferroviario, telegrafi e cannoni, iniziando un processo di industrializzazione e militarizzazione forzata che in breve tempo li avrebbe addirittura portati a competere con gli Occidentali per il Mercato Cinese. Considerando che la dinastia Qing abdicò solo un decennio dopo la “nota di Hay”, probabilmente se la diplomazia americana non avesse prevalso oltre un secolo fa, oggi vedremmo una mappa geopolitica dell’estremo Oriente e specialmente della Cina disegnata in modo completamente diverso.

(di Emilio Bangalterra)

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