Intervistato da Il Giornale, il politologo Alessandro Campi, professore di Storia delle dottrine politiche nell’Università di Perugia e editorialista del ‘Messaggero’, fa chiarezza sulla diatriba Segre-Almirante e sul presunto allarme antisemitismo in Italia. Sulla senatrice Segre, che alla città di Verona ha ricordato che la sua «cittadinanza onoraria è incompatibile» con una via intitolata a Giorgio Almirante, Campi osserva:
È una posizione personale difficile da contestare, tenuto conto del suo passato. Detto questo ho l’impressione che abbia finito per assumere un ruolo pubblico-mediatico del quale è ormai politicamente prigioniera. Non le sono più concesse le sfumature e i distinguo che su questa delicata materia sarebbero necessari. Anche perché le fonti dell’antisemitismo sono molteplici. C’è quello della destra (che ovviamente non è in sé antisemita), ma si fa male a sottovalutare quello storico e persistente della sinistra. Per non parlare dell’ipocrita silenzio sull’antisemitismo oggi più pericoloso in Europa: quello di matrice islamista.
Il Msi era un partito «antisemita»? Certo che no: «Il Msi aveva un fondamento nostalgico – spiega Campi – ma è stato paradossalmente, proprio perché rappresentava una minoranza in cerca di legittimazione politica e di agilità nelle istituzioni, un partito assai rispettoso del Parlamento e delle regole democratiche» afferma.
Campi: «Ecco quando l’Msi divenne filo-israeliano»
Come spiega il politologo Alessandro Campi:
Almirante fece pubblica autocritica sul suo passato razzista e antisemita nel febbraio 1967, durante una Tribuna politica (e per questo fu attaccato dagli ambienti della destra radicale, a partire dall’ideologo Julius Evola). Sempre in quell’anno, con la guerra dei “sei giorni”, si definì anche la posizione filo-sionista del partito, da allora mai più abbandonata. Israele era percepito come un bastione dell’Occidente anti-comunista. Piaceva alla destra la sua natura di nazione in armi, così come veniva visto con simpatia ideologica il modello comunitario, patriottico e sociale dei kibbutz.
«Antisemitismo, strategia di allarme della sinistra»
Il problema, dunque, è che qualcuno, per evidenti fini elettorali, vuole soffiare sul fuoco dell’antisemitismo di ritorno. Campi svela l’inganno della sinistra:
Il problema non è rappresentato dalla Segre, ma da coloro che si nascondono dietro la sua figura strumentalizzandola per scopi di battaglia politica. La tesi che si vuole dimostrare è che stia tornando l’antisemitismo come sentimento di massa. E’ la strategia dell’allarme con la quale una sinistra senza idee pensa di uscire dal vicolo cieco elettorale in cui è finita. Ma è una strategia al tempo stesso sbagliata e pericolosa: non porta voti e alimenta il fantasma che si vorrebbe scacciare.