Dietro la crisi di governo aperta da Matteo Salvini e dalla Lega si cela, in realtà, lo scontro geopolitico fra il potere consolidato, gli Stati Uniti, e la potenza in ascesa, la Cina. Gli Usa non si fidano del Movimento Cinque Stelle per via dell’adesione alle “via della seta”, per la riluttanza a riconoscere Guaidò in Venezuela, per i rapporti con l’Iran e vedono in Salvini l’interlocutore privilegiato. Questo il leader della Lega lo sa perfettamente ed su queste basi che si fonda la sua strategia.
Come spiega il prof. Carlo Pelanda, docente di Geopolitica economica all’Università degli Studi Guglielmo Marconi in un’intervista a Startmag, «Salvini è un leader che sta giocando per la sua sopravvivenza politica di fronte a poteri forti che lo vogliono fare fuori. Nel momento in cui il movimento che lui ha guidato alle elezioni europee – la famosa internazionale sovranista, ndr – ha fatto flop, e dopo aver visto come l’Europa dopo il voto lo ha marginalizzato, facendolo diventare un paria, Salvini ha fatto la sua contromossa prendendosi l’Italia. Lo ha fatto per evitare di ritrovarsi contro tutti gli europei che, come è successo con il povero Berlusconi, lo avrebbero distrutto. Così facendo, Salvini ha trasferito la questione nazionale italiana dalla politica alla relazione tra Stati, dove il leader leghista potrà cambiare il gioco da una posizione di forza».
Pelanda: “Con Salvini Italia diventerebbe grimaldello statunitense”
Come spiega il docente, «l’Italia governata dalla destra non ha la possibilità di allearsi con gli altri europei che contano, in particolare Francia e Germania. Pertanto, deve accordarsi con l’America facendo uno scambio su punti molto concreti come gli F-35, la stazione d’ascolto globale Muos in Sicilia e, soprattutto, una posizione d’interferenza dell’Italia contro il tentativo di creare in Europa una difesa post-Nato. L’Italia diventerebbe dunque il grimaldello statunitense per evitare il distacco totale tra Europa e Usa. Se l’Italia vuole evitare l’autoannessione all’impero franco-tedesco, deve fare per forza questo scambio con l’America. È una sfida anche interna perché in Italia esiste una maggioranza auto-annnessionista fondata dalle élite politiche residue e, soprattutto, dal Quirinale».
A dir poco curiose sono le dichiarazioni dell’ex stratega di Donald Trump, Steve Bannon, pronunciate soltanto qualche giorno prima della crisi di governo. Come nota InsideOver, Nei giorni scorsi, quello che fu lo stratega di Trump per la Casa Bianca (e che ha ancora molta importanza per capire le dinamiche interne all’amministrazione repubblicana) ha praticamente preannunciato la “sfiducia” nei confronti del governo giallo-verde ritenendolo un matrimonio finito. Coincidenza o meno, nemmeno due giorni dopo l’intervista, la Lega, partito molto più spostato sull’asse atlantico, sfiduciava Conte per dire addio all’esperienza ormai agli sgoccioli dell’esecutivo con i Cinque Stelle.
Bannon: “Di Maio ingenuo”
Steve Bannon ha criticato l’atteggiamento del Movimento Cinque Stelle nei confronti di Pechino: «Penso che Di Maio abbia esibito un’incredibile ingenuità andando a Pechino, ha dimostrato che non è ancora pronto per la ribalta. Che ingenuo. Ho visto gli articoli che arrivavano dalla Cina, è tornato con gli occhi spalancati, e loro sono abili nell’insistere su aspetti come questo». L’ex stratega di Trump ha preso di mira anche Conte e messo in dubbio la sua popolarità: «È una falsa equivalenza. Conte ha un ruolo molto più facile: va al G7, al G20, può far crescere la propria popolarità senza dover prendere decisioni difficili, a differenza di Salvini. Se dovesse decidere sugli enormi problemi finanziari dell’Italia o sull’ immigrazione, vedremmo per quanto tempo manterrebbe quel tasso di popolarità».
(di Roberto Vivaldelli)