Ci siamo, ecco il tribunale politicamente corretto dell’Agcom, l’Autorità garante per la comunicazione, che mira a imbavagliare l’informazione non conforme. Come spiega Maurizio Belpietro su La Verità, l’altro ieri l’Agcom «ha varato un provvedimento che rappresenta un vero e proprio bavaglio nei confronti di chi non si uniformi al pensiero unico politicamente corretto. Con la scusa di porre un argine all’ odio nei tg e nei social, la commissione di super esperti ha infatti emesso un regolamento che impone a tutte le trasmissioni, ai social network, ma anche agli editori, di evitare e cancellare «ogni espressione di odio che incoraggi alla violenza o all’ intolleranza».
Un provvedimento scritto su misura
Come sottolinea Belpietro, il provvedimento così come si presenta può anche essere condivisibile e comprensibile. «Ma il provvedimento non è contro l’ odio, bensì contro chi si permette di esprimere giudizi non conformisti. Infatti il regolamento è scritto su misura per impedire che qualcuno si azzardi a pubblicare qualche cosa che l’ Autorità del politicamente corretto non gradisca. In particolare su immigrati, rom, musulmani e sul tema del gender».
Il regolamento, frutto di questo folle clima di totalitarismo liberale, «prevede una contestazione a cui l’ editore avrà tempo 15 giorni per rispondere e, a seguire, scatterà la segnalazione all’ ordine professionale per il giornalista, reo di avere opinioni non gradite all’ Autorità. Il Tribunale del conformismo, che in altri tempi avremmo chiamato Minculpop, «diffiderà editori, testate e piattaforme Web dal continuare la condotta illegittima».
Cara Agcom, chi stabilisce cosa è odio o no?
Come nota Francesco Maria Del Vigo su IlGiornale.it, «Il problema è: quali sono le parole d’odio? Perché a questo punto entra in ballo la sensibilità personale e quindi, almeno in una certa misura, anche la soggettività. Le parole d’odio – spiega l’Agcom – prendono di mira bersagli specifici (come le donne, gli omosessuali, gli immigrati, i rom, le persone di colore). Parole che farebbero leva su stereotipi e luoghi comuni. Ma nel mirino del garante finiscono anche i contenuti di cronaca che possono portare a «pericolose generalizzazioni».
L’Agcom si affida a organizzazioni per i diritti umani che sono tutto fuorché imparziali. Ma questo, l’ente guidato dall’uomo vicino a Mario Monti, Angelo Cardani, lo sa perfettamente e fa finta di nulla.
(di Roberto Vivaldelli)