Stupri e sangue, l'orrore ignorato dai media: la mafia nigeriana

Stupri e sangue, l’orrore ignorato dai media: la mafia nigeriana

La notizia l’ha diffusa l’agenzia di stampa Adnkronos. Le forze dell’ordine hanno condotto un’operazione contro un sodalizio criminale di stampo mafioso (leggasi mafia nigeriana) denominato ‘Eiye’, ramificato su tutto il territorio nazionale. “Abbiamo eseguito un fermo che riguarda 13 nigeriani a cui viene contestato il reato di associazione mafiosa. Quelli eseguiti a Palermo sono sette, gli altri sono attualmente ricercati” ha detto il dirigente della Squadra mobile di Palermo, Rodolfo Ruperti, parlando dell’operazione ‘No Fly Zone’ eseguita a Palermo.

Dopo la denuncia di una ragazza nigeriana, vittima di tratta e di sfruttamento della prostituzione, che ha fornito agli agenti significativi elementi in ordine all’appartenenza agli ‘Eiye’ del suo sfruttatore, è stata individuata la casa di prostituzione all’interno del quartiere storico di Ballarò e avviata una capillare attività investigativa che ha consentito di ricostruire l’organigramma dell’associazione a livello locale, fino a giungere all’identificazione dei suoi vertici.

Nel corso delle indagini sono stati documentati numerosi episodi violenti, nonché diverse attività delittuose connesse allo spaccio di stupefacenti e alla prostituzione, principalmente localizzate nel quartiere Ballarò. Numerose anche le riunioni documentate nel corso delle indagini, tra cui una relativa al ‘battesimo di un nuovo Bird’, con la captazione dell’intero rito da parte degli investigatori. Nel corso delle indagini è emerso, inoltre, come gli stessi membri cercassero di mascherare l’associazione a delinquere ‘Eiye’, costituendone una regolare denominata ‘Aviary’.

Molti i segreti rivelati dai due pentiti nigeriani che hanno aiutato la Mobile di Palermo a indagare sulla ‘Eiye’ e sui suoi riti, anche violenti, per l’affiliazione. Come emerso da quanto registrato con una una microspia, in una casa di Ballarò a Palermo, l’adepto – a conferma di quanto raccontato dai collaboratori – viene prima spogliato e poi preso a calci e pugni. Successivamente è costretto a bere un liquido composto dal suo stesso sangue e le sue lacrime.

“Lacrime e sangue vengono mescolate con alcol, riso e tapioca… viene chiesto di giurare fedeltà e totale silenzio sulle pratiche dell’organizzazione”, si sente nelle registrazioni delle microspie. Gli adepti devono inoltre prestare una sorta di giuramento, anche questo registrato. “Debitamente giuro – dice il nuovo affiliato – di sostenere ‘Eiye’ confraternita moralmente, spiritualmente, finanziariamente e in qualsiasi altro modo e se non lo faccio, che il vulture (avvoltoio, ndr) spietato mi strappasse gli occhi…”.

Come vi abbiamo già raccontato, sulla mafia nigeriana in Italia persino l’Fbi. In questi primissimi giorni del 2019, un fatto molto particolare, inedito e sconvolgente è giunto agli occhi ed alle orecchie dell’opinione pubblica attraverso le agenzie di stampa nazionali e locali: l’FBI sta lavorando a Castel Volturno, nell’ambito di una vastissima indagine sui numerosi traffici illeciti della mafia nigeriana.

Infatti, da luglio 2018, vige una serrata collaborazione fra l’autorità statunitense e la polizia italiana – coinvolte le sezioni di Caserta, Roma, Palermo e Torino – : una task force internazionale, che già ampiamente e dettagliatamente collabora anche con la Procura di Napoli, cui presto potrebbero aggiungersi le forze di polizia canadesi.

Per quanto il fenomeno, qui indagato, sia in realtà radicato da anni sul suolo del Bel Paese, e non soltanto su di esso, i cittadini italiani probabilmente si saranno imbattuti per la prima volta nella sua nomina soltanto un anno fa, quando fu trovato nel maceratese il corpo smembrato della giovanissima romana Pamela Mastropietro, per la quale sono attualmente indagati ed incarcerati Lucky Awelima, Innocent Oseghale e Desmond Lucky.

Ad accusare costoro di essere parte integrante di una delle tante sotto-sezioni della mafia nigeriana è stato il criminologo Alessandro Meluzzi, esperto dell’argomento, che ha individuato nella loro certosina brutalità di azione il “modus operandi” tipico del summenzionato gruppo criminale.

La sua tesi verrebbe fortemente corroborata dalle intercettazioni telefoniche fatte in carcere ai tre detenuti, le cui terribili parole fanno ventilare ed avanzare addirittura l’ipotesi di cannibalismo.

In ogni caso, ritornando all’arrivo dell’FBI nel casertano, l’inchiesta di respiro internazionale che qui si sta svolgendo ha messo in luce ed evidenza l’origine delle indagini, ovverosia dei trasferimenti di denaro sospetti ed anomali negli Stati Uniti: da qui, ingenti somme sarebbero state versate su conti correnti di banche italiane intestati ad immigrati nigeriani ivi presenti, e sfruttate per una serie di attività illegali e criminali, condotte con freddezza e spietatezza.

Mafia nigeriana in Italia: interviene anche l’FBI
I soldi, ottenuti tramite il traffico di stupefacenti sul continente europeo – come riporta l’inchiesta -, vengono adoperati per finanziare la tratta di esseri umani nel Mediterraneo, per pagare gli scafisti e per corrompere molti funzionari statali dei Paesi del continente africano, spinti a tacere.

Addirittura, è emerso che questi criminali godono di protezione da parte delle élite nelle nazioni di origine, tanto da essere impiegati per motivi politici ed economici, peraltro sottraendo benessere alla popolazione (circuita ed ingannata attraverso una propaganda falsa e martellante sul presunto paradiso che troverebbero nel Vecchio Continente) ed iniettando ricchezza nelle mani delle cosche criminali e di chi si è corrotto con esse.

(la Redazione)

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