Il 17 marzo, ovvero la data finale del “primo Risorgimento” è un giorno qualsiasi. Nella cultura di massa, nella stampa mainstream, è come guardare un numero accompagnato a un mese. Niente di più.
Anticipiamo un dato drammatico: di tutti i principali quotidiani, a ricordare il 17 marzo ci pensano soltanto Libero, Repubblica e La Stampa. Il che fa anche abbastanza male, considerando che di questi l’unico non appartenente alla stampa progressista è il primo.
Ma andiamo con ordine.
17 marzo, l’indifferenza: e il “Corriere” sbatte in prima pagina i prigioneri del 1941
Sul 17 marzo non solo non c’è una narrazione giornalistica, ma c’è proprio il nulla, l’indifferenza dei media di massa sulla carta stampata. Nessuno dei maggiori quotidiani ne parla. E quello che fa più male, è che non ne parlano – o lo fanno poco – proprio i giornali di destra.
Il Corriere della Sera, da sempre il quotidiano simbolo della storia del giornalismo italiano, pensa bene non solo di non calcolare minimamente l’Unità del 1861, ma di sbattere in prima pagina qualcosa che non c’entra niente, sebbene sia di indubbio interesse storico: il database della ricercatrice australiana Johanne Tapiolas sui militari italiani fatti prigionieri italiani nella seconda guerra mondiale.
Niente di male, per carità, anzi un’azione che sembra meritevole per la memoria dei numerosi parenti oggi viventi: ma non si poteva, caro Luciano Fontana, almeno condividerlo con un articoletto, anche minuscolo, sulla formazione di uno Stato unitario inseguita da secoli prima del 1861? Niente da fare.
Nessun cenno al 17 marzo neanche su il Giornale (se non in una striminzita domanda all’interno di un’intervista a Giorgio Mulé), su Il Tempo o su La Verità, forse l’unica testata realmente controcorrente oggi (ma decisamente conformista nella fattispecie). Libero, invece, bontà sua se ne interessa, mettendo in luce quello che è il problema principale, pur interpretandolo nel modo più decadente possibile (siamo sicuri che non ci sia mai stata un’identità comune? Perché la storia, soprattutto della prima metà del XX secolo, racconta qualcosa di diverso: ma sarebbe troppo lungo da spiegare in questa sede).
Bene, infine , Il Secolo d’Italia, che intitola il suo pezzo sul 17 marzo nel solo modo in cui potrebbe essere descritta la questione oggi.
L’Unità nazionale tra i giornali progressisti
Se già la stampa “super partes” (si fa per dire) in larghissima parte ignora il 17 marzo, cosa si potrà mai dire di quella che viene dal sinistrismo antinazionale per eccellenza, diviso tra Repubblica, Il Fatto Quotidiano, La Stampa o il nuovissimo Domani?
Stranamente c’è la sorpresa. Repubblica e La Stampa, infatti, pubblicano nella loro pagina culturale dei pezzi sul 17 marzo 1861. Il giornale fondato da Scalfari addirittura con una intervista allo storico Emilio Gentile, che riflette proprio sulla totale mancanza di spirito patriottico nella società italiana attuale.
La Stampa, invece, con la tradizionale critica ai difetti del processo di unificazione.
Domani e il Fatto Quotidiano, invece, proseguono nella palude della tristezza: neanche un accenno.
Gli italiani non sono patriottici? Facciamoci una domanda
È da quando siamo nati che cresciamo con un dato di fatto che è anche, però, una lagna insopportabile e soprattutto inutile: gli italiani non sono patriottici e non si sentono Nazione.
Ma come fanno, per la miseria, gli italiani a sentirsi Nazione se non esiste alcuna educazione nel merito, alcuna celebrazione, neanche una minima diffusione a livello giornalistico, di una data fondamentale per la sua essenzialità di Nazione?
Dovrebbero sviluppare una simile coscienza dal nulla, per il semplice fatto di essere nati su un suolo, ancorché sacro e frutto di una storia millenaria che vedere ridotta in questi termini è oltremodo umiliante?
In questa situazione non c’è solo uno Stato completamente assente rispetto all’importanza del tema, non manca soltanto una qualsiasi pedagogia scolastica seriamente strutturata, ma perfino la stampa – ovvero il più “semplice” dei media di formazione del cittadino – ignora completamente questo giorno come se non avesse alcun significato.
Se qualcuno pensa che tutto ciò non abbia la benché minima rilevanza, si sbaglia di grosso. Come sbaglia di grosso a credere che popoli presso cui la coscienza nazionale è decisamente più solida della nostra (come quelli britannici) non coltivino le proprie ricorrenze su un piano mainstream. Perché è una condizione necessaria – sebbene, da sola, non sufficiente – per recuperare un’Unità necessaria, oltre che sacra.
(di Stelio Fergola)