La scuola siciliana: i prodromi della letteratura italiana

La scuola siciliana: i prodromi della letteratura italiana

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La scuola siciliana fu senza ombra di dubbio un movimento di fondamentale importanza per la cultura del Bel Paese. Infatti, generalmente siamo soliti considerare la nascita della letteratura italiana con l’affermazione della corrente stilistica del “Dolce Stil novo” ed in particolare con la figura di Dante Alighieri.

Non si potrebbe commettere errore più grave dal momento che diversi decenni prima, precisamente sotto il regno di Federico II di Svevia, prese vita una scuola destinata ad avere un’importanza fondamentale nella storia della letteratura italiana: la scuola siciliana.

 

La caratteristiche della scuola siciliana

Tutto ebbe inizio intorno al terzo decennio del XIII secolo, quando un gruppo di poeti in volgare si riunì attorno alla corte dell’imperatore Federico II di Svevia, la cui poetica fu quasi esclusivamente cortese e d’amore, mai di politica.

Nonostante la tematica fosse quella amorosa, è assolutamente doveroso sottolineare che i poeti manifestarono una volontà di chiusura ed isolamento rispetto al restante contesto storico sociale. Nelle loro canzoni è possibile osservare l’assenza della tornata, ovverosia una stanza di congedo così tipica della lirica provenzale e toscana il cui obiettivo è indirizzare il testo all’amata.

Rarissime poi sono le tenzoni, ovvero scambi tra poeti di sonetti e canzoni. Quanto al contenuto dei testi, in essi vi è una quasi totale assenza di eventi traumatici o liberatori, di modo tale che il poeta-amante mantenesse con zelo il precetto trobadorico del nascondere il proprio nome ed il nome dell’amata per evitare le malelingue.

La poesia dei siciliani era un’esperienza puramente privata, la quale non aveva bisogno né del pubblico né di un confronto con altri rimatori.

 

L’amore nella scuola siciliana

Per quanto riguarda le forme metriche adottate è possibile riconoscerne tre: la canzone, la più importante, poi abbiamo il discorso ed infine il sonetto. Questo dimostra la grande versatilità ed erudizione dei compositori siciliani, un vero e proprio unicum fino ad allora.

Poi all’interno del tema amoroso è possibile evidenziare un discreto numero di motivi ricorrenti quali l’effetto beatifico della  donna amata, che sarà difatti ripreso proprio da Dante, il dolore del poeta per il diniego ricevuto, ed il discrezio seminato dai mal-dicenti.

Da questi temi è possibile ricavare un’immagine della donna amata come nuovo miracolo e simbolo di redenzione, tutte tematiche riprese dalla corrente toscana del Dolce Stil Novo.

 

Jacopo da Lentini

Uno dei massimi esponenti della scuola siciliana fu senza ombra di dubbio Jacopo Da Lentini. Di lui si hanno poche informazioni riguardo la bibliografia, ma vale lo stesso pena di essere menzionato dal momento che insieme all’imperatore Federico II viene considerato uno dei fondatori della scuola.

Di lui si sa solamente  che nacque intorno al 1210 a Lentini appunto, e che si dedicò allo studio della giurisprudenza. Una volta conclusi gli studi nel 1230 andò alla corte dell’imperatore Federico II di Svevia ad esercitare la professione di notaio.

Dante difatti nella Divina Commedia lo designa come “il notaro” per eccellenza e lo riconosce proprio come il padre fondatore della scuola poetica siciliana, nella quale, nel suo ricco canzoniere, sua opera principale, Jacopo offre un vasto e completo campionario.

Dotato di un’unica e rara eccellenza retorica, Jacopo trapianta nel siciliano colto gli schemi più complessi della poesia trovadorica, codificando poi le strutture metriche non solo della canzone, ma anche della canzonetta, del discorso e soprattutto del sonetto, del quale è con molta probabilità il vero inventore.

Jacopo seppe unire alla sua poliedrica versatilità tecnica anche una spiccata capacità invettiva: non è un caso infatti che il fenomeno amoroso si configurasse, nelle sue rime, come una vicenda personale ed interiore, analizzata però con un’acutezza psicologica unica ed oggettivata poi con una serie di lucide analogie, che sebbene si riferissero al mondo della natura, riuscivano a conservare un senso di misterioso prodigio.

Grazie ad un’atmosfera di grande trepidazione e d’incantata meraviglia che circolano nelle sue migliori liriche e per il tentativo di far conciliare l’amore sacro e l’amore profano, Jacopo anticipò alcune delle tematiche che si ritroveranno proprio in Dante e nel Dolce Stil Novo.

 

Le basi della lingua italiana

Alla scuola siciliana va dunque il merito di aver contribuito ed in un certo senso gettato le basi della futura lingua italiana, non dimenticandosi infatti che durante il regno di Federico II di Svevia Palermo fu una delle migliori capitali dell’Europa di allora tanto da poter rivaleggiare benissimo con Costantinopoli.

Questo perché l’imperatore promuoveva la cultura in ogni strato della società, fondando scuole ed addirittura università affinché la sua corte fosse ben istruita in ogni ambito e sappesse porre rimedio alla crisi alimentare ed economica.

Il regno di Federico fu l’ultimo tentativo di creare un’unità centrale sulla penisola: il suo sogno non si realizzerà, ma di certo riuscì a donare, insieme alla scuola siciliana, le basi della futura lingua italiana, influenzando la storia e la linguistica più di qualsiasi altro personaggio del suo tempo.

(di Severiano Scarchini)

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