UE, Unione Europea ovvero: debolezza, incapacità strutturale di intervenire nell’economia e soprattutto sulle crisi. Di concedere ciò che un qualsiasi Stato normale è in grado di fare. Noi, ieri, lo avevamo detto. Quanto avvenuto durante la giornata al Consiglio UE ha confermato che avevamo ragione. Non c’è la possibilità per essere flessibili, solidali (scegliete gli aggettivi che preferite), neanche di fronte alla peggiore caduta economica dai tempi del dopoguerra.
UE e Consiglio. Accordi sempre al ribasso, e le cifre sono ridicole
L’altro ieri i miliardi su cui c’era un accordo riguardo il Recovery Fund erano 450 (da dividere, con le differenze proporzionali, per 27 paesi membri), in enorme ribasso rispetto alle stime precedenti. Ieri si è chiuso ad ancora meno: prima 375, infine 350. Più altri 350 di prestiti a tutti gli effetti.
Questo tralasciando la natura già infima e usuraia dei primi, ovvero i presunti fondi (aspetto di cui abbiamo parlato più volte) e facendo finta che costituscano davvero un sostegno economico e non l’ennesimo cappio proveniente da Bruxelles.
Qualcuno afferma – a ragione – che così non si può andare avanti. Ne siamo convinti anche noi, da anni. L’Unione Europea non è in grado di svolgere compiti che qualsiasi Stato indipendente e normale potrebbe affrontare infinitamente meglio, al netto delle sue inefficienze o storture. Questo perché è strutturalmente concepita per non svolgere quelle, ma anzi ripudiarle, a causa dei vincoli di Maastricht e dell’incapacità anche filosofica di concepire l’esistenza di un debito pubblico utile a investire nell’economia a scopo di crescita.
Oggi ci si riprova, a quanto pare. Altro giorno di trattative: ma vi ripetiamo, come abbiamo fatto ieri, che comunque vada sarà sempre un flop. Non si può proprio tecnicamente andare oltre quantità di denaro enormemente modeste, rispetto a Paesi dotati di una propria moneta e di una propria banca, in grado di immettere nell’economia migliaia di miliardi.
Questo a meno che l’Unione Europea non diventi tutto l’opposto della sua natura in poche ore, o giorni.
L’Unione e i suoi discepoli attoniti
La stampa di sistema, al momento, non sa come reagire. Perfino Repubblica, ieri, parlava di “colpo all’Italia” durante le trattative. Mentre il direttore Maurizio Molinari si è espresso in modo abbastanza scettico nel suo editoriale: “L’Europa rischia un salto indietro”. Scrive Molinari:
Il primo Consiglio dell’Ue celebrato a Bruxelles con i 27 leader nazionali in mascherina evidenzia più debolezze nel fronteggiare la convivenza con Covid 19 e la grave crisi che ha scaturito.
Per Mentana si tratta di un “forte ridimensionamento”, mentre anche il Corriere, solitamente ben allineato, non riesce a non mettere in prima pagina le dichiarazioni del premier olandese Mark Rutte, il cui Stato improvvisamente assurto nella narrazione dei media di massa come una sorta di gigante in grado di bloccare tutto (in bocca al lupo a chi ci crede), è quello che ufficialmente si sarebbe opposto di più. Un Rutte talmente solidale che perfino sui due spicci accordati sarebbe in grado di chiedere controlli e ulteriori vessazioni.
La stampa mainstream, quando l’Europa la fa grossa, torna momentaneamente sui suoi passi, in attesa di ripartire con il martellamento. E’ successo anche in seguito alle scandalose dichiarazioni della Lagarde nelle prime fasi della pandemia. Poi, tutti nuovamente dentro l’ovile europeista, con le indecenti campagne pro MES e via discorrendo. Avverrà anche questa volta, non vi illudiate.
Ma quando avviene è comunque significativo di una situazione di crisi evidentemente troppo difficile da ignorare anche per gli organi di propaganda.
L’UE è debole: perché vale la pena insistere
Ieri gli antieuropeisti hanno vinto, perché si è dimostrata per l’ennesima volta l’incapacità dell’UE di essere sostenibile da un punto di vista economico-sociale, al netto delle parole ingannevoli sui “debiti pubblici” che da verbo sacro brusselliano dovrebbero esserlo. Non può esistere uno Stato incapace di spendere, nelle crisi drammatiche come in quelle usuali.
Il problema che stiamo affrontando, da anni, è che la gente non lo ha mai recepito. Come è logico che sia, vista la propaganda incessante pro UE a cui siamo abituati.
Non riuscire a fornire una risposta adeguata alla clamorosa crisi da covid, però, può aiutarci molto nel diffondere la consapevolezza. Può permetterci di mostrare ancora, per l’ennesima volta, quanto questo insulso accrocchio non possa sopravvivere se non affamando i popoli europei, un giorno che forse non è nemmeno così lontano come si poteva pensare. Accrescerà l’antieuropeismo e i partiti – gruppi di pressione che spingeranno per chiederne la fine. Prima o poi.
I tempi storici difficilmente sono brevi, ma non si può fare a meno di notare quanto, dieci anni fa, non esistesse nemmeno l’euroscetticismo. Oggi gli euroscettici sono la metà della popolazione europea, hanno conquistato quasi la metà del Parlamento europeo e in alcuni paesi membri governano.
Va bene così, è impossibile avere tutto e subito, specialmente contro un sistema così granitico. Ma in pochi anni abbiamo fatto progressi enormi. Per quello dobbiamo insistere. Il nostro compito è quello di diffondere questa consapevolezza ogni giorno della nostra vita.
(di Stelio Fergola)