Il “Nuovo PD” di Letta è solo una questione elettorale: come sempre

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“Serve un nuovo PD”, così Enrico Letta, neosegretario del Partito Democratico, al discorso all’Assemblea nazionale di ieri. Ma in cosa differisce esattamente, questo “Nuovo PD”? In nulla. Come sempre, d’altronde.

Il “Nuovo PD” di Letta? Uguale al vecchio

Non è mai prevista nessuna modifica alle politiche del PD da quando esiste e anche da prima che venisse fondato. Questa è la sintesi. Qualcuno dirà che è una scoperta dell’acqua calda, ma tant’è.

L’avvicendarsi continuo di segretari, scissioni, correnti non ha mai mutato le  inclinazioni ideologiche del centrosinistra e del suo partito principale. Il che è anche normale – nella tragedia di avere a che fare con programmi distruttivi per la Nazione, sia chiaro – ma certamente, se ne rendesse conto una minima parte dei suoi elettori (escludendo gli ipocriti che purtroppo abbondano) sarebbe almeno un piccolo passo avanti.

Come sarebbe un passo avanti rendersi conto della distanza che separa lo slogan “dalla parte delle persone” dalla necessità di avere esclusivamente forze politiche “dalla parte degli italiani”.

Non vale il solito discorso qualunquista del “tutte le forze politiche sono uguali”. Non è un’affermazione che corrisponde alla verità. Che ci sia molto lassismo, poco coraggio e spesso mediocrità ovunque è incontestabile. Ma nessun partito di centrodestra è mai stato così granitico quanto il PD o i suoi numerosi partiti satellite che lo assecondano pur sovente criticandolo non si capisce bene su cosa. Anzi, spesso – e sbagliando – ci sono stati cambiamenti, tentativi squallidi di inseguire la cultura dominante o paura di irritarlo.

Dalla ormai remota Bolognina in avanti, il PD e i suoi predecessori sono sempre la stessa cosa: immigrazionisti, euroinomani, globalisti, liberisti, abortisti, e a favore di qualsiasi politica etica cosiddetta progressista. Se non altro, la Lega ha modificato diverse sue posizioni in 30 anni di storia (l’ultima anche stigmatizzabile, con l’appoggio al governo Draghi), idem FdI nell’ultimo decennio, perfino Forza Italia ha avuto sussulti “anti-europeisti” pur rimanendo sempre un partito saldamente vicino al PPE e a posizioni filo-UE.

Non si tratta di esprimere giudizi di valore positivi, almeno non in questa sede e non necessariamente. Ma di sottolineare un dato di fatto: il PD, nel bene o nel male, non cambia mai. E si propone continuamente di rinnovarsi, ma in nulla che riguardi i contenuti. Stessa cosa per i suoi servi, in parlamento e nella stampa.

Il Nuovo PD? Solo una questione elettorale

Il discorso di Letta, a ben vedere, qualche “nuovo” proposito lo ha espresso. Ma non riguarda i contenuti. “Dobbiamo aprirci”, dice Letta. A cosa, esattamente? Agli italiani non pare proprio, eccettuati contenuti ovvi come “il lavoro” che nessun pazzo potrebbe mai dire addirittura di non desiderare.

Aprirci alle necessità dei cittadini? Macché. Semmai aprirsi per convincere i cittadini dei nostri diktat, vincere le elezioni del 2023. Sempre immigrazionisti, sempre lontani dal popolo italiano, sempre esecutori di ordini che vengono dall’esterno. Convincendo gli elettori, però. Convincerli di dover accogliere più clandestini, di dover accettare lo ius soli, di dover accettare di non perseguire mai gli interessi del Paese, convincerli dell’Italia “europea e globale”, è quello il brillante salto di qualità.

Convincere e vincere. Rimanendo sempre uguali, anti-italiani, ma con la speranza che lo diventino definitivamente tutti gli altri.

(di Stelio Fergola)

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