Labour Party: Il recupero dell’unità
Dopo cinque anni alla guida dello storico partito di sinistra Jeremy Corbyn lascia le redini in mano al cinquantasettenne Keir Starmer. Avvocato, già ministro ombra per la Brexit, argomento sul quale era schierato sull’opzione del Remain tanto da farsi promotore della richiesta di un secondo referendum, Starmer ha stravinto nel voto interno con il 56% delle preferenze. Pur definendosi “socialista” il nuovo leader è visto come una figura più moderata rispetto a quella del suo predecessore e in grado di ricostruire l’unità del partito.
È in quest’ottica che si può leggere la sconfitta della candidata sostenuta da Corbyn, la quarantenne Rebecca Long-Bailey che ha ottenuto solo la metà dei voti di Starmer. È apparsa, invece, sempre fuori dai giochi la sua coetanea Lisa Nandy, la cui candidatura non era sostenuta da nessuno dei leader del partito. La vice di Starmer sarà Angela Rayner, già ministro ombra dell’Istruzione con Corbyn e anch’essa ritenuta di una sinistra più moderata rispetto al settantunenne nativo di Chippenham.
Un Labour Party più moderato
L’opera di ricostruzione di Starmer è iniziata, però, con la nomina nel nuovo governo ombra di Ed Miliband, leader del partito dal 2010 al 2015 e sconfitto poi proprio dall’ala di estrema sinistra guidata da Corbyn. Insomma per ripartire dalla storica sconfitta patita nel dicembre 2019 Starmer sembra puntare tutto sul recupero di un’unità del partito e delle sue anime venuta meno per la netta opposizione dei moderati all’intransigenza dimostrata da Corbyn e i suoi che, pur vedendo aumentare considerevolmente il numero degli iscritti al partito fino a superare le 500 000 unità, ha finito per inimicargli sia l’elettorato moderato sia quello delle storiche roccaforti delle zone industriali e minerarie del nord schieratesi nettamente a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.