Enrico Mattei

Enrico Mattei: storia di un uomo al servizio dell’Italia

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin

Quella di Enrico Mattei, il primo presidente dell’ENI, fu senza ombra di dubbio la storia e parabola di un patriota: un uomo scaltro ed intelligente, capace di spostare gli equilibri politici interni e quelli internazionali a favore del proprio disegno di benessere per l’Italia. Sempre, in ogni caso, nel rispetto dei partner paritetici, di qualunque tipo essi fossero. Insomma: un manager di Stato che servì con lealtà, forza ed intelligenza la propria nazione. Conducendola, persino, a far tremare le fondamenta tanto del potere economico internazionale allora in fase di sedimentazione, quanto dell’equilibrio della Guerra Fredda.

Enrico Mattei: origini ed esperienze politiche

Enrico Mattei nacque da una famiglia di umili origini, e non fu mai particolarmente incline alla costanza nello studio: per questo motivo, il padre lo introdusse subito nell’ambito lavorativo. In esso, la brillantezza della sua persona gli permise di scalare presto le gerarchie, da operaio ed apprendista a ragioniere e dirigente. Non fu un caso che, nel 1961, ricevette honoris causa la Laurea in Ingegneria Civile dall’Università di Bari.

Dopo aver vissuto il regime fascista, combatté la Resistenza con forza, lealtà e rispetto, tanto sul campo quanto nello spirito: cioè, con patriottismo ed amore per lo Stivale, che non avrebbe mai voluto tra le grinfie dei tedeschi. Fondamentali furono gli incontri con Giuseppe Spataro, esponente della DC, e Marcello Boldrini, professore alla Cattolica. Alla fine della guerra, gli furono riconosciuti il suo impegno, la sua dedizione e la convinzione nelle sue idee: capaci di plasmarsi duttilmente sulla realtà per avere successo.

Enrico Mattei, fu sempre vicino al mondo politico della Democrazia Cristiana, per la quale fu deputato della Repubblica dal 1948 al 1953. In particolar modo, la sua inclinazione volgeva verso l’ala sinistra della DC, verso la cui weltanschauung profuse concreti sforzi, soprattutto attraverso la propria posizione dirigenziale per lo Stato. L’accordo di governo che arriverà con i socialisti, ma che lui purtroppo non ebbe modo di vedere, ne sarà una risultante.

Enrico Mattei e il rilancio dell’AGIP

La parte della sua esistenza per la quale è maggiormente noto ed apprezzato fu senz’altro quella che seguì il 1945, ed in particolare le sue vicende legate all’azienda di Stato di cui divenne il fondatore: l’ENI. Il quale nacque, nel 1953, sulle ceneri dell’AGIP, come un’araba fenice pronta a maturare la vita ed a venire alla luce, con un terreno fertile sotto di sé.

Tale lo aveva reso Enrico Mattei stesso, dopo che alla fine della guerra aveva ricevuto l’incarico di dismettere questa industria statale. Nata nel 1926 per volontà del governo di Benito Mussolini, essa non era mai stata particolarmente curata dalle alte dirigenze del Regno, in quanto altre priorità politiche ed economiche erano state messe sull’agenda.

Tuttavia, nonostante la noncuranza con la quale era stata trattata, l’AGIP ottenne risultati di non poco conto. Il più clamoroso fra questi, senza ombra di dubbio, fu la ricerca di idrocarburi nel deserto libico della Tripolitania, all’epoca colonia italiana: negli anni Trenta, infatti, questa operazione portò ad ipotizzare la presenza dell’oro nero sotto le sabbie di quello “Scatolone”, come veniva chiamato all’epoca. Risultati ignorati dal governo italiano, ma che furono confermati nel 1953 dalle grandi multinazionali del petrolio anglo-americane, che con la connivenza di Re Idris I si accaparrarono le risorse libiche. Sfruttandole al massimo grado.

Ritornando all’AGIP, Mattei si interrogò sul perché della necessità di dismettere un ente sul quale tanto, in ogni caso, era stato investito: gli americani offrivano centinaia di milioni di dollari per acquistarne la proprietà, gli studi e tutte le attrezzature. Non poteva essere una catastrofe, se i re mondiali del petrolio stavano bussando alla porta del Bel Paese: ed infatti non lo era affatto.

Mattei chiamò il precedente presidente, Zanmatti, che gli confessò di aver trovato un giacimento di metano in Val Padana proprio nel 1944. A Mattei non occorse altro: disubbidì agli ordini, fece lavorare l’AGIP nel miglior modo possibile e, nel 1953, dette vita all’ENI.

Il sogno di indipendenza dell’Italia attraverso l’ENI

La storia dell’ENI nasce con il prestigioso obiettivo, da parte di Mattei, di dare all’Italia l’indipendenza dell’azione politica in merito alla questione energetica: all’epoca, le famose Sette Sorelle controllavano il mercato mondiale del petrolio, attingendo direttamente alle fonti primarie attraverso contratti vantaggiosi con i Paesi produttori. Questi erano, il più delle volte, in via di sviluppo, e per ciò stesso disposti ad accettare anche condizioni inique.

Il sunto dell’ottica con cui, nella realtà fattuale, agì Mattei si può riassumere e ritrovare in un brillante dialogo scritto per la mini-serie televisiva italiana “Enrico Mattei: l’uomo che guardava il futuro“. Parlando col presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, Mattei paragonò il petrolio all’acqua: tanta ne scorreva nei tubi, ma dover sottostare alle condizioni di distribuzione (in quantità ed opinabilità del destinatario) delle grandi compagnie anglo-americane equivaleva a non essere un Paese veramente libero.

Due episodi, in particolare, raccontati in prima persona da Mattei e ripresi da un cinegiornale nel 1960, erano stati emblematici. “L’arroganza del potenti” fu chiara al presidente dell’ENI quando, durante una discussione per il progetto di una raffineria in Tunisia, si trovò di fronte a sé continui rifiuti affinché l’ENI potesse collaborare con una delle sette grandi. Piuttosto, avrebbero fatto cartello insieme, per impedire che la filosofia di azione della grande azienda di Stato italiana entrasse nelle contrattazione con i Paesi di produzione. Infatti, l’ENI proponeva a questi ultimi un partenariato utile ad entrambi, nel quale i profitti venivano equamente divisi, e nel quale l’esperienza imprenditoriale italiana avrebbe permesso ed incentivato la collaborazione locale: Iran (famoso l’accordo 75/25 del 1957 con lo scià), Egitto ed Iraq ne furono degli esempi emblematici.

Enrico Mattei Gamal Nasser

Un oltraggio, quest’ultimo, rispetto alla logica spietata del profitto che le altre compagnie meticolosamente seguivano. Non fu facile affermarlo e porlo in essere, vista la strenua resistenza degli avversari e dei competitor. Mattei, ricordando un episodio di tanti anni prima (rispetto al 1960), riteneva che l’ENI fosse all’inizio come un fragile gattino, incapace di avvicinarsi alla ciotola di enormi cani da caccia, ma tanto affamato da provarvi umilmente, per morirne.

«Siamo stati il gattino, per i primi anni, avendo contro una massa di interessi paurosa. Contro di noi si era sollevata una polemica terribile. Ed abbiamo seguitato a lavorare, a rafforzarci, cercando di non farci colpire: il tentativo era o di soffocarci o di lasciarci deboli. Pian piano ci siamo rafforzati, lavorando con tenacia, ed oggi il gruppo ENI è una grossa forza, una grande impresa. Una grande impresa che può guardare al futuro con tranquillità e che può fronteggiare vittoriosamente la grande coalizione dei colossi petroliferi».

Bascapè: l’attentato e la morte

Gli accordi bilaterali con i Paesi del Terzo Mondo, il viaggio in Unione Sovietica, il progressivo distacco dalla dipendenza internazionale rispetto ai giochi politici delle Sette Sorelle, i sogni di libertà per l’Italia: numerosi erano i motivi di vanto dell’azione senza remore di Mattei per il bene della nazione. Causa per cui moltissimi avrebbero desiderato la sua morte.

La quale giunse nell’attentato a Bascapè del 27 ottobre 1962: un’esplosione nel cielo, testimoniò il contadino Mario Ronchi, in quanto dell’esplosivo era stato piazzato sull’aereo di Mattei. Dopo anni di occultamento e menzogne – grazie al lavoro del procuratore Vincenzio Calia, dell’ex spalla di Mattei Benito Li Vigni e di altri uomini che volevano la verità su questa oscura vicenda -, fu riconosciuta la matrice dolosa della sua morte: un assassinio, un attentato. Che sarebbe stato denunciato come tale anche dal giornalista Mauro De Mauro, se anche lui non fosse scomparso.

Chi ha ucciso Enrico Mattei?

La mafia nostrana ha funto da braccio armato, da arma del delitto, per conto di mandanti occulti: forse per le Sette Sorelle, forse per la CIA ed il governo americano, forse per l’OAS francese impegnato a fronteggiare e domare il caso algerino. In ogni caso, Enrico Mattei rappresentò una vera spina nel fianco per il grande Potere, con la “P” maiuscola, dell’epoca: politico ed economico.

La sua storia mostra in maniera adamantina la grandezza della figura di Enrico Mattei, soprattutto per la nazione che ha servito: con intraprendenza, con sagacia, con scaltrezza, con vivido desiderio di emergere egli stesso e di far emergere l’Italia (muovendosi all’interno di essa e delle sue logiche politiche attraverso l’ENI). Un Paese povero, fattosi grande protagonista mondiale con il miracolo economico di quei decenni, al quale Enrico Mattei ed il suo Ente Nazionale Idrocarburi hanno contribuito in maniera imprescindibile.

(Lorenzo Franzoni)

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin

Potrebbero piacerti

Renzi tiene Conte in scacco: ma la crisi si conferma inutile
Renzi è un animale politico, e chi si lascia confondere [...]
Scalea duro su Conte: “Opportunista e privo di idee”
Daniele Scalea del Centro Machiavelli è molto diretto contro Giuseppe [...]
“Giuseppi” Conte, i mille volti dell’avvocato del deep state romano
Si era presentato come "Avvocato del popolo" alla guida di [...]
“Le più belle frasi di Osho” è sparita da Facebook
"Le più belle frasi di Osho" non è più raggiungibile [...]
Scroll Up