Renzi tiene Conte in scacco: ma la crisi si conferma inutile

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Renzi è un animale politico, e chi si lascia confondere dal fatto che sia incontestabilmente un nemico asservito a stranieri per negare questo fatto sbaglia. È un pensiero che ho sempre avuto, come non ho mai nascosto di nutrire una sincera ammirazione per le abilità politiche del fiorentino, un uomo purtroppo al servizio del male e non del bene della Nazione.

Con la mossa degli ultimi giorni, l’ex-segretario del PD rinuncia a tre ministeri, ma in pratica comanda a bacchetta, con un bottone da 18 senatori, l’esecutivo guidato dall’avvocato Conte.

Perché Renzi è quasi un premier “esterno” che detta la linea a Conte

Ho trovato molto precisa l’analisi condotta sulla sua pagina facebook da Giuseppe De Lorenzo, che così scrive dopo il voto:

Siamo seri.
156 voti.
Di questi, tre sono senatori a vita:
– una non partecipa quasi mai ai lavori, dunque non va considerata. E siamo a 155.
– L’altro, “Rigor Montis”, è stato presente al 5.78% delle votazioni. Praticamente mai. E siamo a 154.
– la terza, Cattaneo, partecipa al 27.78% dei voti. E possiamo pure contarla.
Due voti vengono da Forza Italia, e di solito queste cose non avvengono gratis. Per non dire gli altri. Quota 151 la raggiungi solo cavalcando le onde dei sentimenti personali di pochi. Auguri.
Ma il dato più importante è che i voti contrari sono 142 (140 in aula e due di Forza Italia assenti). Gli astenuti 16 (17 con un assente di Italia Viva).
Vuol dire che qualsiasi atto Renzi volesse affossare, gli basterebbe votare con l’opposizione. 142+17 fa 159: il governo sarebbe in minoranza.
Tra gli assenti ci sono altri 3 senatori a vita che non dovrebbero votare (non partecipano spesso ai lavori…).
Dite quel che volete. Ma da domattina, se Conte non riesce a raccattarne altri (ma parecchi), l’ex premier resta col coltello dalla parte del manico (e il gruppo compatto). Lo ha già detto: “Noi staremo all’opposizione, adesso non ho più il ‘vincolo di maggioranza’”. Tradotto: può fare quello che gli pare, senza cioè dover votare per forza col governo, ma con lo stesso potere di veto di prima. In Aula come nelle commissioni.
Mattarella non può non tenerne conto.

La mia personale idea, espressa una settimana fa, era che la crisi innescata da Renzi fosse in qualche maniera “richiesta” dagli ambienti di Bruxelles, perché l’ostilità al MES di una parte dei grillini, nonostante il ripiegamento su praticamente tutte le altre questioni, inceppava comunque una rapida accettazione di ogni singola clausola.

La strada del MES era in ogni caso segnata, ma irta di fastidi e rotture. Oggi lo è un po’ meno, con Matteo Renzi pronto a far cadere Conte se non verranno accolte le sue richieste: tra queste, soprattutto il Meccanismo Europeo di Stabilità sul quale ha insistito moltissimo nelle ultime settimane.

Ciò che non avevo minimamente compreso era come il politico toscano volesse arrivare a questo risultato. A crisi terminata, invece, è un quadro che si può tracciare con un certo grado di affidabilità.

Renzi o meno, lo confermiamo: è stata una crisi inutile

Renzi o Conte, che la crisi fosse inutile lo avevamo già ampiamente previsto, e non ci voleva certamente un genio per immaginarlo. Qualsiasi scenario si profili davanti comporterà sempre un ripiegamento aprioristico ai diktat di Bruxelles e un nostro pesantissimo indebitamento nei confronti di soggetti terzi, che ci impoverirà ben oltre i livelli – già elevatissimi – cui abbiamo assistito negli ultimi 20 anni.

A parte la soddisfazione feticista di vedere Conte in difficoltà, non c’è da esultare.

(di Stelio Fergola)

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