Sbaglia chi mette il 1 maggio (come del resto, in parte, anche il 2 giugno) sullo stesso piano del 25 aprile. Non c’è e non esisterà mai paragone.
Sì al 1 maggio e No al 25 aprile
La questione è sostanziale, non retorica. E, a livello sostanziale, la festa del Lavoro esiste ed è sacrosanta. Esattamente come la festa dello Stato esiste ed è sacrosanta. Siamo – e ovviamente lo sono io per primo – per il Lavoro e per lo Stato.
Non siamo – e io non lo sono per primo – per una sconfitta tragica, che ha significato la fine della libertà e indipendenza della Nazione italiana. I primi due concetti sono insindacabili, indipendentemente dalla bandiera. E afferiscono a due elementi sostanziali, non retorici.
Il terzo – il 25 aprile – non solo non esiste, ma non ha motivo di esistere a meno di non trascinare – come di fatto sta avvenendo – la Nazione all’autodistruzione. Poi, altro discorso è parlare del monopolio di certe ricorrenze e del fatto che almeno il 2 giugno mi riesca difficile se non impossibile da festeggiare, vista la natura quasi geneticamente antipatriottica di questo Stato italiano.
Il Sì al 1 maggio: una questione di maturità
A noi italiani, nella fattispecie noi che cerchiamo di lottare per una rinascita di questo disastrato Paese, deve interessare, appunto, la sostanza. Attaccarsi alle origini storiche del 1 maggio senza concentrarsi sulla sostanza che lo contraddistingue, significa cadere in un atteggiamento di immaturità – a mio modesto parere – paragonabile a quello chi all’epoca ribattezzò Littoria con un altro nome purché non ne richiamasse l’origine, o a chi, negli ultimi anni, ha sentenziato fesserie abnormi come “il fascismo non ebbe meriti”, o ancora peggio ha modificato ad arte la storia per negare paternità riconosciute di molte strutture e istituzioni che hanno formato l’Italia moderna.
È un atteggiamento infantile il quale – per carità – può essere una tentazione per tutti, sottoscritto compreso. Ma occorre dimostrarsi superiori e manifestare la nostra vicinanza anzitutto concettuale a una celebrazione.
Siamo per il Lavoro, siamo per lo Stato. Non potremo mai essere ostili al 1 maggio come lo siamo per il 25 aprile. Semmai potremo lamentarci, questo sì, di come chi tradisce quella ricorrenza ogni giorno si permetta di presentarsi come il difensore dei lavoratori. Di come costui sia il nemico. Di come questa celebrazione gli sia oggi assolutamente estranea e come gli vada strappata dalle mani con ogni mezzo.
Noi continueremo a dimostrare di essere vicini a chi porta il pane a tavola. Non solo per una questione teorica, ma anche perché riteniamo che il lavoro sia interesse di tutti, ricchi e poveri. Continueremo a farlo non solo ricordando una data, ma con la nostra condotta quotidiana. Il tempo, spesso, è galantuomo. Le bagarre di chi cambia nomi alle città o le date di fondazione di INPS, IRI e quant’ altro le lasciamo ad altri.
Buona festa del Lavoro.
(di Stelio Fergola)