Grazie, Beatrice Venezi. Non tanto per la precisazione sul suo ruolo a Sanremo (“Sono direttore d’orchestra” invece di “direttrice”), ma per la sobrietà con cui è venuta fuori la sua posizione. Ma andiamo con ordine.
Beatrice Venezi, direttore d’orchestra
Ora, una cosa va detta. “Direttrice” non è senza dubbio offensivo per la lingua italiana, come le altre varie declinazioni psicotiche che si sono diffuse più o meno forzatamente negli ultimi anni (“politica”, “ministra”, sono le prime che mi vengono in mente, ma ce ne sono diverse). Da un punto di vista personale, non ci vedrei nulla di male, visto che non si tratta di un obbrobrio come alcuni dei casi finiti tra parentesi.
Ma la cosa che mi è piaciuta dell’uscita della Venezi è la neutralità con la quale è venuta fuori. Non di sua iniziativa, ma da parte del conduttore Amadeus, che dopo averle attribuito più volte l’aggettivo “direttore” spiega la situazione durante la premiazione delle nuove proposte. “Precisiamo perché qui la polemica è sempre dietro l’angolo”.
Ed è lì che Beatrice Venezi, con poche parole, si assume la piena responsabilità della sua affermazione (““La posizione ha un nome preciso e nel mio caso è quello di direttore d’orchestra, non di direttrice“). Con Amadeus che, nel frattempo, ribadiva un semplice “ciò che mi hai chiesto, io ho fatto”, tirandosi giustamente fuori da qualsiasi possibile accusa.
Insomma, non è parsa per nulla una dichiarazione promozionale, a caccia di titoloni di giornali (anche se poi li ha naturalmente generati), tanto è che la stessa Venezi non ha sfiorato minimamente l’argomento sulla sua pagina facebook (sebbene sia plausibile ciò possa avvenire se le polemiche si moltiplicheranno, quello è pacifico).
Grazie Beatrice. Anche solo per come hai irritato le coronarie delle femministe
Ovviamente le femministe non ci stanno, e quando mai no. S’incazzano sui social. S’ìncazzano in articoli sedicentemente culturali. S’incazzano i comitati femministi di alcune regioni.
Il più simpatico è l’articolo su Globalist, dove Claudia Sarritzu ne fa una questione di integralismo linguistico, salvo poi uscirsene con questo delirio a metà pagina:
L’italiano non è una opinione. E non lo è neppure la dignità linguistica delle donne di questo paese. Umiliate per secoli da una lingua che ha scordato metà del suo cielo. Purtroppo il maschilismo linguistico è dentro ognuno di noi e ci fa credere che in fondo valiamo meno e che se fai l’operaia puoi essere declinata al femminile ma se fai un mestiere di prestigio, come il suo, è meglio farsi declinare al maschile. Perché magari ci si sente più autorevoli.
“Umiliate per secoli da una lingua”, addirittura, cara giornalista Sarritzu! Sono queste le battaglie d’avanguardia. Bravissima!
Poi ci sono i commenti su facebook di variE utentE il cui tono medio è un robotico replicante che manco Blade Runner del tipo: “mi dispiace che la direttrice Venezi non capisca l’importanza delle parole”.
Ma la perla delle perle è senza dubbio il post indignato della Conferenza Donne Democratiche Toscana, che pretende addirittura le scuse della Venezi per la sua vergognosa dichiarazione sanremese.
I fegati spappolano, le vene varicose si ingrossano, le coronarie si intasano. Pazienza, care femministe.
(di Stelio Fergola)