Governo Draghi, tiene il punto solo la Meloni

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Pubblichiamo volentieri questo articolo – da Informazione Cattolica – che ben sintetizza il peso della scelta di Giorgia Meloni.

Silvio sorride, Salvini porta a casa il MISE, gli altri mandano giù l’amaro calice perché in questo Governo dei Migliori, l’unica cosa che conta è esserci.

È venerdì sera, la borsa ha chiuso da poco, una Volkswagen dai vetri oscurati varca la soglia del palazzo del Quirinale.
Giunta nel cortile arresta la sua corsa.  Ne viene fuori l’uomo della provvidenza.

Il predestinato. Colui che salverà la Nazione. Anzi, colui che ha già cominciato a salvarla la sera in cui, pochi giorni prima, era stato pronunciato per la prima volta il suo nome.

Sono trascorse appena 24 ore dal momento in cui Rousseau ha dato il permesso all’Italia di formare un Governo. “Rousseau permettendo”, scrivevano in quei concitati momenti Travaglio e Scanzi, pregando che Rousseau non permettesse.
È venerdì, dicevamo.

Mentre ancora riecheggia il – credibilissimo – vibrante discorso di addio di Alessandro Di Battista, Mario Draghi raggiunge il podio della sala stampa del Quirinale.

Ci siamo. Tutto è compiuto.

Il Salvatore comincia a sciorinare la lista dei ministri del Governo dei Migliori: manuale Cencelli alla mano, 4 Ministeri ai 5stelle, 3 a PD, Lega e Forza Italia, 1 a LeU ed Italia Viva.

Confermato Luigi Di Maio alla Farnesina: non male per uno che non è in grado di collocare Matera. Terzo Ministero in tre Governi diversi nella medesima legislatura: bravo Giggino!

Onore al merito di Luciana Lamorgese: porti aperti e 70mila poliziotti a vigliare sui veglioni di Capodanno degli italiani valgono bene una riconferma.

Dadone è ancora lì. L’arte di passare inosservati per avere lunga vita.

Pari opportunità e famiglia sono ancora della Professoressa Bonetti: possiamo sentire nitidamente le grida di giubilo della Senatrice Bellanova!

Nessuna speranza di liberarsi di Speranza: non possiamo rischiare che qualcun altro si intesti il merito di aver primeggiato nella classifica mondiale dei morti per Covid.

Tocca a Forza Italia ed è subito 2008: Gelmini, Carfagna e Brunetta.

Ma che importa, siamo di nuovo in sella!

Orlando al Ministero del lavoro, Franceschini inchiodato ai Beni Culturali, Guerini alla Difesa e l’inossidabile Patuanelli all’Agricoltura.

La Lega si accaparra il Mise e due Ministeri senza portafoglio.

Poi i tecnici, appannaggio del Presidente del Consiglio, sovrano assoluto di un Governo che pare tanto l’anticipazione di quel presidenzialismo che molti sognano per l’Italia.

Sì perché l’unica cosa che appare evidente, sin da subito, è che Mario Draghi sarà il dominus unico ed incontrastato dell’intera operazione, mentre i partiti si fingono partecipativi e contenti del risultato ottenuto.

Fingono, già. Perché il primo partito del Parlamento non ha nulla da festeggiare per due Ministeri senza portafoglio e la conferma di Di Maio e Patuanelli (che pare abbiano trattato personalmente per salvare la poltrona): per questo, sin da subito, l’Elevato ha provato ad intestarsi il tecnico Cingolani, che però qualche anno fa stava alla Leopolda con Renzi.

La base insorge –  “ci hanno presi in giro” – e la fronda interna del NO scalpita: la consultazione su Rousseau è falsata, va rifatta!

Niente di buono all’orizzonte, per loro. Noi, con un po’ di fortuna, nel volgere di un paio d’anni ce ne saremo liberati per sempre.

Al PD interessa solo governare anche quando perde le elezioni, sicché potrebbero pure far tesoro di quei tre Ministeri, se non fosse che sono tutti uomini: il partito della MinistrA, della SindacA, della PresidentA, dell’inclusività e della parità di genere non trova una donna da inserire nella compagine di Governo. La PresidentA Boldrini insorge.

Mentre Borghi prova a far digerire ai suoi la permanenza nel governo di Lamorgese e Speranza – “Mi scuso con tutti voi per non aver potuto fare di più” – Salvini ha, comunque, da offrire al suo elettorato Turismo, Disabilità e, soprattutto, Sviluppo Economico.

Solo il tempo potrà dire se ne sarà valsa la pena.

In questo marasma di gente riciclata, bollita e risuscitata, in questa accozzaglia di partiti dalla storia e dalle posizioni inconciliabili, la scelta migliore, oggi più che mai, sembra essere stata quella di Giorgia Meloni: starne fuori.

La fotografia di questo Governo suscita un misto di ilarità e raccapriccio: Gelmini e Franceschini, Speranza e Orlando, Di Maio e Brunetta.

I migliori. Certo, senz’altro.

(di Dalila di Dio – originale su Informazione Cattolica)

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