Il “Mondo Techno” visto da Andrea Benedetti

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Intervistiamo Andrea Benedetti, autore di Mondo Techno, libro sul tema uscito nel 2018.

• Dopo circa 13 anni dalla prima uscita, è del 2018 “Mondo Techno”, libro che racconta la genesi, l’evoluzione ed involuzione di questo controverso genere. Da dove nasce l’esigenza di raccontare questo universo elettronico? Forse anche dalla scarsa attenzione e letteratura offerta dal panorama italiano?

Sicuramente l’Italia non ha mai dato il giusto spazio alla storia della Techno come invece è stato fatto per altri stili musicali. Diciamo che in generale, come dico anche nel libro, l’Italia non ha mai avuto storicamente un grande rapporto con l’elettronica per cui musiche come house e techno sono state subito relegate nel mondo della ‘dance’ ed esaminate poco come stili con una storia precisa e radici musicali specifiche.

C’è da dire però che il libro non è stata una mia iniziativa. Ha visto la luce grazie ad Alberto Castellli che era il direttore della collana di Stampa Alternativa che poi lo ha pubblicato. E’ stato lui che ha avuto l’idea di fare un testo sulla techno e ad avermi poi chiamato per farlo.

• Nella prima parte dedicata alla nascita della Techno (in particolare a Detroit) e successivo sviluppo, poni all’attenzione del lettore alcune caratteristiche extramusicali del genere. Quali sarebbero?

Secondo me ogni musica si appoggia culturalmente nelle radici sociali ed economiche del territorio dove si sviluppa. Nel caso specifico della Techno, nella storia della città di Detroit e le sue contraddizioni. E’ stata una città che avuto un fortissimo sviluppo industriale, soprattutto nel campo autmobilistico, nei primi del ‘900 e che poi ha sempre perso potere con la delocalizzazione di alcune fabbriche e ha quindi visto un decadimento urbano incredibile. La popolazione si è più che dimezzata e tantissimi edifici sono stati abbandonati lasciando l’immagine di una città spettrale. Probabilmente senza quella specifica situazione, la Techno avrebbe avuto un altro corso. O magari sarebbe stata diversa. Il territorio è fondamentale nello sviluppo di ogni cultura.

• Nella seconda parte invece ti sposti a casa nostra e sottolinei la difficoltà di diffusione della techno così come dell’elettronica in generale, nonostante il fenomeno (auto)sottovalutato dell’Italo-Disco, per non parlare delle sperimentazioni futuriste degli Intonarumori di Luigi Russolo ad inizio Novecento. Si può parlare di un’occasione mancata da parte nostra nel non aver assunto un ruolo da protagonisti riguardo la diffusione dei suoni provenienti oltreoceano dagli anni 80 a venire?

Sicuramente. L’Italia ha avuto delle figure fondamentali sia in campo accademico e della ricerca, da Nono a Maderna, che nel campo della musica popolare come appunto con l’Italo che, non dimentichiamolo, è stata una grande influenza sia per l’house che per la techno. Nel primo caso non c’è mai stata la volontà di continuare a livello di investimenti statali sul mantenimento di quella tradizione e scuola, anche solo a livello archivistico, mentre nel secondo caso, vale sempre il discorso di prima sulla ‘dance’, un calderone che ha messo sullo stesso piano capolavori e ciarpame, senza che nessuno si preoccupasse di dare spazio alle storie degli artisti e delle artiste più meritevoli e innovativi/e.

• Nell’ultimo paragrafo affermi che ormai siamo giunti in un tempo in cui la techno si è ridotta a simulacro, imitazione, genere morto che ha già dato tutto durante la sua decade dorata 85′ – 95′. Vuoi perché tutta la strumentazione si è computerizzata oppure perché anche il consumo di droghe è passato da stimolante e sedativo ( come indicato dal passaggio dall’ectasy alla ketamina). La techno è destinata alla storicizzazione oppure è possibile ancora intravedere uno spiraglio di luce?

Secondo me la techno è diventata un simulacro proprio perché, non facendo differenza fra le tantissime ramificazioni, ha messo sullo stesso piano tutto, accomunati da questo genere contenitore comodo a tutti. Ecco perché sto mettendo in risalto da anni le origini nere e specifiche di Detroit nella definizione del genere e del termine. E’ giusto che venga riconosciuto a loro il merito di aver messo assieme i pezzi musicali di questo bellissimo puzzle. Noi al massimo ci siamo ispirati facendo altro. Magari anche bello ed interessante, ma la Techno sono loro. E’ Detroit e basta. Meglio dare a Cesare quel che è di Cesare prima che sia veramente troppo tardi. In generale io vedo però degli spiragli e questi spiragli sono migliori quanto più rispettiamo le singole identità e riconosciamo i territori dove si muovono. Magari viene fuori una scena che si ispira alla Techno da un paese remoto che può dare ancora tantissimo.

• Uno dei pochi fenomeni interessanti nati nell’ultimo decennio è quello della Vaporwave, portatrice di valori estetici, socio-culturali e di svariati generi musicali che ha generato. Paradossalmente è uno dei pochi movimenti originali nati di recente proprio perché non ha nulla di originale essendo un grande mash-up della musica e della tecnologia di fine secolo. Cosa ne pensi al riguardo?

Secondo me l’ultimo grande fenomeno musicale interessante è stato la dubstep e le sue ramificazioni perché ha lavorato sul groove in maniera pazzesca senza essere scontata e mescolando tanti stili musicali, dall’hip hop, al dub, dall’electro e anche alla techno. Ha reso gloria al beat frantumandolo e diventato poi la base per la musica moderna, dal grime fino alla trap. La Vaporwave non mi ha mai attirato più di tanto. Probabilmente per la mia età perché di PC music ne ho sentìta a suo tempo e quindi non mi interessa rifarlo. Se voglio sentire quel tipo di sound allora vado alla fonte. Non che io non sia amante di cose passate. Un beat electro con il giusto bass ancora mi commuove, ma quel sound no.

• Se dovessi scegliere 10 nomi, chi salveresti della scena techno attuale, sia italiana che internazionale?

Se parliamo di techno e derivati per cui eliminando l’electro su cui non ne basterebbero 50, direi Mark Flash, Dj Dez, Shawn Rudiman, Lory D, Marco Passarani, Leo Anibaldi, Gaetano Parisio, Ben Sims, Robert Hood, Jeff Mills come produtttori e dj. Poi ci sono tantissimi artisti che magari hanno fatto singole tracce che ho amato e suonato, ma sono veramente tanti.

(di Emilio Bangalterra)

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