Bolsonaro tra Trump e l’ingombrante esercito brasiliano
Bolsonaro, come sottolineato dal professore ordinario di Sociologia all’Università di Campinas in Brasile Ricardo Antunes nel suo volume La politica della caverna, è stato scelto solamente in seguito all’inizio della campagna elettorale per le presidenziali come il cavallo su cui puntare per impedire al Partido dos Trabalhadores (Partito dei Lavoratori, PT) di tornare alla guida del Paese. Una scelta inevitabile dato lo scarso appeal elettorale degli altri candidati di destra generando una situazione molto simile a quella che, quattro anni fa, vide il Partito Repubblicano statunitense dover convogliare, di malavoglia, sulla figura del magnate Donald Trump per tornare alla Casa Bianca. E non è un caso che proprio al presidente a stelle e strisce Bolsonaro riservi in ogni occasione lodi sperticate tanto da abbandonare i sogni di potenza regionale nati in seno ai BRICS per asservirsi alle direttive che giungono da Washington.
Le dimissioni di Moro
All’esercito vanno aggiunte le nomine forti del giudice Sérgio Moro, protagonista dell’inchiesta Lava jato che ha spazzato via la presidenza Rousseff e portato alla condanna dell’ex presidente simbolo del socialismo del XXI secolo Lula, alla Giustizia e di Paulo Guedes all’Economia.
Le dimissioni di Moro dal suo dicastero alle quali si sono aggiunte quelle di ben due ministri della Sanità, Luiz Henrique Mandetta e Nelson Teich, in appena un mese hanno fatto precipitare credibilità e consenso del presidente e portato alla luce i dissensi all’interno dell’esecutivo.
Bolsonaro e la lotta al Deep State
Bolsonaro che continua a puntare tutto sulla ripresa immediata dell’economia della nazione sudamericana corre anche il rischio di una procedura di impeachment che lo esautori dalla massima carica istituzionale del Paese. Di sicuro la crescente popolarità dei governatori degli Stati di São Paulo e Rio de Janeiro, João Doria e Wilson Witzel, oltre che del sindaco della città paulista Bruno Covas potrebbe rimescolare le carte in proiezione delle presidenziali del 2022 quando il Partido da Social Democracia Brasileira (Partito della Social Democrazia Brasiliana – PSDB) potrebbe tornare a giocare la partita per far eleggere una figura più in sintonia con le politiche volute dallo Stato profondo brasiliano.
In definitiva mentre la lotta con il Deep State sembra essere arrivata ad un accordo con la mina vagante rappresentata da Donald Trump negli Usa, in Brasile a Bolsonaro potrebbero non bastare le riforme liberiste già avallate nella prima metà del suo mandato per concluderlo o essere appoggiato in vista di una ricandidatura.
(di Luca Lezzi)