Mamma – che adesso è in pezzi così piccoli | fatta che ricomporla quattro nuove | eternità. Perché un bulbo oculare | scivola dentro lo squarcio del seno?
Olimpia Buonpastore è la foto parziale di un volto femminile, la bocca dai tratti dolci e un septum tra le narici. Olimpia Buonpastore è l’orfana nata ad Ardea nel 1995, che con le sue poesie perverse è diventata un piccolo, grande caso editoriale. Ma, soprattutto, Olimpia Buonpastore non esiste. E gli editori ci sono cascati in pieno.
Parodiando il buon Pirandello, si potrebbe dire che in questo caso gli editori erano in cerca del personaggio. E pensavano di averlo trovato. “Corpo di mamma”, la raccolta poetica di Olimpia Buonpastore, aveva tutte le caratteristiche per diventare un caso editoriale: versi violenti al limite del disgusto, la biografia tormentata di un’orfanella che si diletta in poesie che coinvolgono la figura materna, i lettori rapiti (chi indignato, chi innamorato) dal “canzoniere poetico più estremo degli anni duemila”. Le sue poesie sono finite su diverse riviste letterarie, e perfino tradotte in romeno.
E così le proposte di pubblicazione, anche da parte di colossi del settore, hanno iniziato a piovere. Almeno fino a quando il vero autore, il ventiquattrenne Gabriele Galloni, non svelava la verità. E, sparito il personaggio, sparivano anche le proposte di pubblicazione. Alcuni giorni fa, Galloni ha deciso di rivelare pubblicamente di essere la mente dietro il “caso Olimpia”.
Olimpia, racconta Galloni alla rivista letteraria Pangea, come tanti personaggi, nasce in un viaggio in treno: “Sul treno Napoli-Roma. Per noia, immagino. Mi giravano in testa alcuni versi estremamente stupidi e li ho appuntati sul retro del biglietto. La silloge l’ho buttata giù il giorno dopo in un paio d’ore: è venuta da sé. Per la biografia devo ringraziare la mia fantasia fervida. Una ragazza che, orfana di madre, decide di ricostruire e decostruire il genitore attraverso una serie di componimenti osceni che svariano dallo stupro all’omicidio al cannibalismo”. Versi, insomma, “in cui il dolorismo di certa poesia femminile veniva portato a un eccesso grandguignolesco”.
Un esperimento sociale, il cui obiettivo di Galloni era “dimostrare la vacuità dell’editoria italiana e, in particolar modo, di molti lettori di poesia”. Obiettivo perfettamente raggiunto, perché di proposte di pubblicazione ne sono arrivate moltissime: “moltissimi avrebbero voluto Olimpia nella propria scuderia autori, dalla piccola casa editrice all’editore di prestigio. Poi, appena rivelavo la mia vera identità, e cioè quella di un ventiquattrenne poeta chiamato Gabriele Galloni, annullavano tutto. Gli serviva il corpo del martire, una vittima sacrificale. Un personaggio, appunto. Un personaggio che si esponesse pubblicamente e che pubblicamente apparisse”. Il messaggio è chiaro: con Olimpia, sono brutte poesie scritte comunque da un soggetto interessante e dunque facilmente vendibile al pubblico; senza, sono solo brutte poesie.
Insomma, il “caso Olimpia”, al quale anche La Stampa ha dedicato un articolo, svela un segreto di Pulcinella: troppo spesso, nella scelta editoriale, si privilegia il personaggio – più è bizzarro, insolito e perfino pittoresco, meglio è – a totale discapito della qualità dell’offerta. Da qui la riflessione finale: “il valore di un’opera (e parlo di opere di successo, di grande successo) è relativo. Conta il personaggio, più che l’autore; chi ci sta dietro”.
Se Olimpia ha un merito, infatti, è proprio quello di svelare come anche l’editoria possa diventare puro showbiz. E quando, in libreria, ci troviamo davanti ad autori che ci fanno domandare chi mai gli abbia chiesto di prendere in mano la penna e scrivere, ora abbiamo una risposta.
(di Federico Bezzi)