Vivere la guerra – recensione di “Dunkirk”

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Oggi cosa possiamo aspettarci da un film di guerra? Un genere trito e ritrito che non ha più nulla da comunicare può solo adattarsi alla richiesta del pubblico e mutare unicamente di facciata, non è il caso di “Dunkirk”.

L’opera di Nolan rivoluziona un genere che sembrava destinato ad estinguersi per colpa dei suoi stessi cliché, raccontando un episodio cruciale del secondo conflitto mondiale con metodi innovativi e coinvolgenti. Senza soffermarci sull’impeccabile fotografia di Nolan e l’uso sapiente della tecnica IMAX, ciò che rende “Dunkirk” un film rivoluzionario è l’approccio impersonale alla storia: il nemico non viene mostrato per tutto il film, percepiamo la sua presenza invisibile ed opprimente riuscendo ad immedesimarci nella situazione ansiogena e spaventosa dei soldati che tentano la fuga, soldati di cui non ci viene descritta alcuna storia personale o legame sentimentale facendoci comunque provare empatia nei loro confronti.

I protagonisti sono uomini che tentano disperatamente di salvarsi, dipinti nel loro ruolo di soldati, scelta che ha indispettito quelli de L’Internazionale che hanno giudicato il film “brutto e detestabile” vista la narrazione “meccanica”. Sembra che per le povere anime pie che hanno recensito il film, la sofferenza rende solo quando rappresentata con idealizzazioni e blanda retorica, ci dispiace per loro ma è proprio l’assenza di questi caratteri a rendere quest’esperienza cinematografica perfettamente umana.

Nel film viene rappresentata la sensazione di essere braccati da qualcosa di inarrestabile, la resistenza psicologica nel dover affrontare una situazione come quella della fuga da Dunquerque (nome in francese della cittadina), il palesarsi di situazioni in cui si materializzano valori come l’onore, la responsabilità e la dignità stessa dell’uomo senza mai, come già detto, scadere nel retorico.

Il discorso finale di Churchill, non contraddice quanto detto poiché segna la coronazione di quanto perseguito per tutto il film: dimostrare la compattezza di un popolo di fronte a una disfatta, senza espedienti stucchevoli o propagandistici. Complici una colonna sonora coinvolgente che ci accompagna scena per scena, l’impeccabile fotografia e la tecnica IMAX che, usata al meglio, è da sempre il manifesto registico di Nolan, “Dunkirk” è un film da vedere che si è già prepotentemente inserito nella lista dei cult, dando nuova linfa vitale a un genere che non aveva più nulla da dire.

(di Antonio Pellegrino)

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