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Perché Trieste deve essere un punto di partenza, nonostante tutto

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Che Trieste sia un punto di partenza è un auspicio ma anche un ragionamento basato sulla logica. La protesta dei portuali ha mobilitato forze che sembravano fino a pochi anni fa impensabili.

Partire da Trieste ci allenerà alla lotta e al sacrificio

Trieste come punto di partenza per un nuovo modo di concepire non solo la protesta, ma anche la vita. Una vita che, per tutti noi, è stata spesso lontana dalla lotta, dall’impegno e dal sacrificio.

Non per colpe nostre, ma per benefici – anche estremamente positivi – ai quali siamo abituati fin da piccoli. Ora la vita ci para davanti una nuova sfida, quella di migliorarci, di crescere. Di non abbatterci per un – prevedibilissimo – ripiegamento. Ma di trarre quanto di buono – e ce n’è – queste giornate hanno prodotto.

Altre manifestazioni, altri presidi, altro impegno. Sostegni economici e tutto ciò che è possibile per farsi sentire. Dovrà essere un esercizio spirituale, prima ancora che politico.

Tutta l’Italia ha manifestato, e non può che essere un bene

Non solo Trieste, ma anche Genova, Ravenna, Gioia Tauro. E tra le città Milano, Bologna, Firenze, Napoli. L’Italia intera ha mostrato una mobilitazione e una voglia quanto meno di farsi sentire.

Che sia una minoranza è assolutamente logico, anche le manifestazioni più imponenti non raccolgono mai una effettiva maggioranza della popolazione. Ma un dato interessante è l’uniformità alla quale si è assistito – e si assiste ancora – da Nord a Sud. E un altro dato interessante è la presenza non esclusiva dei non vaccinati tra i manifestanti.

Ci sono stati tanti lavoratori e attivisti provvisti di Green Pass che hanno lottato al fianco di chi ha scelto di non farsi iniettare qualcosa ogni anno oppure ogni sei mesi.

Da loro dobbiamo ripartire. Per crescere sempre di più. Il sindacato a Trieste si è arreso, forse si è venduto. Ma non dobbiamo concentrarci su quello. Non è utile.

(di Stelio Fergola)

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