Che il governo sia ormai in crisi è un dato di fatto. Certo, non che in questo anno abbia vissuto proprio alla grande, nonostante il palese aiuto dell’emergenza Covid, ma in ogni caso il fatto è relativamente “nuovo”, per così dire. Matteo Renzi ieri ha ritirato i ministri di Italia Viva Elena Bonetti, Teresa Bellanova e Ivan Scalfarotto. A nulla è valso quello spiraglio che pareva essersi aperto ieri e ampiamente documentato da il Giornale.
Governo in crisi per la spada di Renzi
“Ci vogliono coraggio, libertà interiore, senso di responsabiltà. La crisi non l’abbiamo provocata noi, è aperta da mesi. A questo punto noi lasciamo le poltrone”. La mette sul retorico – come spesso accade – Matteo Renzi, puntando sull’effetto “grillino” della rinuncia al potere. Cosa ci sia dietro è difficilissimo da comprendere, ma la continua insistenza del leader di Italia Viva sul MES e sulla necessità di includerlo nel testo del Recovery Plan forse qualche supposizione la generano.
Soprattutto su una possibile regia dell’UE, probabilmente stanca dei continui avanti e indietro dei grillini proprio sulla questione del MES e del rifiuto del Movimento di accoglierlo per ragioni quasi esclusivamente comunicative (i parlamentari a cinque stelle hanno ceduto praticamente su ogni punto dei loro sedicenti rivoluzionari programmi, ma nella fattispecie hanno provato formalmente a mantenere il punto). D’altronde, proprio Bruxelles a inizio dicembre dichiarava ufficialmente di attendere la ricezione del piano nazionale proprio dall’Italia. Esattamente quando Renzi iniziava la sua ultima polemica contro Conte.
Il problema, però, si ripropone a livello numerico, visto che l’incredibile rappresentanza grillina in Parlamento rende complicato anche un eventuale reset, e che nessuno – figuriamoci – prende in considerazione l’ipotesi di un voto anticipato (men che meno Renzi, che insiste sul 2023 come era anche logico attendersi). Ma forse, la mossa dell’ex segretario del PD è dettata anche da una spregiudicatezza personale.
Non è peregrino ipotizzare che il leader di Italia Viva stia tentando la sua ennesima, spericolata azione politica: provare a guadagnare consensi grazie all’antipatia di vaste fasce di popolazione per Giuseppe Conte e il suo governo il quale, in meno di un anno, ha portato il delirio Covid a livelli tali da produrre fasce di povertà fino a poco prima impensabili. E che potrebbero aumentare considerevolmente, andando avanti di questo passo.
Una uscita di scena di Conte piacerebbe a tanti. Ma cosa cambierà?
Che Giuseppe Conte possa uscire di scena è un auspicio di parecchi, a prescindere dal realismo dello scenario o meno. In tanti, ieri, anche di esplicita impostazione antirenziana, hanno applaudito a Matteo Renzi per averle sostanzialmente “suonate” al premier.
E per essere divenuti più invisi di Renzi ce ne vuole. Ma ora il punto è un altro, ovvero cosa potrebbe accadere se Conte cadesse, e le ipotesi – ci crucciamo per il giubilo – non è che siano confortanti.
SkyTg24 ha ipotizzato un “nuovo” governo con la stessa maggioranza, ma onestamente sembra un’ipotesi abbastanza sterile. Poi c’è la possibilità un governo “Conte ter” senza i ministri di Italia Viva, senza appoggio di Italia Viva ma con quello dei cosiddetti “responsabili” ovvero i parlamentari dell’opposizione che sostituirebbero quelli del partito di Renzi nell’appoggio al governo. Una sorta di rimpasto con maggioranza leggermente modificata.
Interessante è la prospettiva di una stessa maggioranza con un premier diverso, nominato da Mattarella in sostituzione di Conte (che costituirebbe il motivo di giubilo per i molti sopradescritti, quasi tramutatisi in renziani per l’occasione).
E infine, il “governo istituzionale” di classica memoria, forse quello potenzialmente più europeista di tutti.
Nessuna di queste alternative porterebbe a sostanziali cambiamenti di indirizzo politico su: covid, economia, immigrazione, europeismo. Ovvero i temi più “caldi” attualmente in gioco.
Dunque, pur comprendendo la gioia di chi vuole liberasi anche solo psicologicamente della figura nefasta di Giuseppe Conte (comprensibile e assolutamente condivisibile), al di là del fiume c’è poco. E non è detto manco non sia peggiore, vista la probabilissima accelerazione sul MES.
(di Stelio Fergola)