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No, Facebook e Twitter non possono bloccare chi vogliono, anche se sono privati

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“Facebook e Twitter sono aziende private e possono bloccare chi vogliono, a loro piacimento” così strillano i petalosi. Ma le cose non stanno proprio così.

Facebook, Twitter e la censura

I recenti episodi di censura a tappeto, in danno di esponenti del mondo conservatore e sovranista mondiale, operata dai principali social network a guida Zuckerberg e Dorsey – Facebook, Twitter & Co. – hanno riportato in àuge il problema del rapporto tra politica e social network e del potere, apparentemente totale ed indiscriminato, dei colossi big tech di incidere sui processi democratici.

Mentre Meloni e Salvini – insieme a una sparuta ma convinta pattuglia di giornalisti ed intellettuali italiani di varia estrazione – si schierano contro la censura in atto, e Macron e Merkel stigmatizzano il comportamento di aziende private che silenziano Capi di Stato, la sempre puntuale Laura Boldrini, non paga di quanto stia succedendo, si prepara a depositare una proposta di legge – l’ennesima – “per prevenire, contrastare e sanzionare i fenomeni di odio, le fake news e le campagne di violenza in rete” (così in un suo recentissimo post Facebook corredato da foto dell’orrido Trump).

Dalla paladina delle libertà, non una parola sull’oscuramento della pagine Twitter del quotidiano Libero (ora nuovamente attiva), avvenuta solo poche ore fa con giubilo dei soliti democratici, tra cui spiccano, menti brillantissime del progressismo italiano, Selvaggia Lucarelli ed Andrea Scanzi, visibilmente compiaciuti dell’accaduto.

La loro risposta è appunto quella della nostra introduzione: “Facebook e Twitter sono aziende private e possono sospendere chi vogliono, a loro piacimento”.

Così strillano dai loro petalosi profili tutti asterischi e libertà. Beh, le cose non stanno proprio così.

Facebook e compagnia possono fare ciò che gli pare? No

Per quanto l’arguta opinione dei democratici un tanto al chilo sia ormai assurta a fonte del diritto, in Italia esiste ancora un potere giurisdizionale che ha avuto modo di pronunciarsi sul punto. E non nel modo che sarebbe piaciuto a loro.

La questione della libertà di Facebook di “bannare a proprio piacimento chiunque, in quanto azienda privata”, è stata oggetto di giudizio a cavallo tra il 2019 ed il 2020, quando la corazzata di Zuck decise, di punto in bianco e senza alcun preavviso, di oscurare i canali di CasaPound Italia e di uno dei suoi principali esponenti Davide Di Stefano.

Riecheggia ancora il plauso delle sinistre italiane per questo atto che, a detta loro, avrebbe inferto un durissimo colpo al fascismo salvando la democrazia.

Proprio come accade oggi.

Proprio come oggi, tuttavia, coloro che si trovano sempre dalla parte giusta della storia, si pongono dalla parte sbagliata di questa storia: Facebook non ha alcun potere di bannare a proprio piacimento, in quanto azienda privata e a sancirlo è il Tribunale di Roma con due distinte pronunce rese in relazione alla vicenda CasaPound.

L’ordinanza pronunciata all’esito del giudizio promosso da CasaPound e Davide Di Stefano nei confronti di Facebook, con ricorso in cui chiedevano l’immediato ripristino dei loro account, reca un interessante principio di diritto la cui premessa è proprio la centralità e primaria importanza di Facebook (e, per analogia, Twitter) nell’ambito dei social network.

Il Tribunale di Roma ha rilevato come ”è evidente il rilievo preminente assunto dal servizio di Facebook (o di altri social network ad esso collegati) con riferimento all’attuazione di principi cardine essenziali dell’ordinamento come quello del pluralismo dei partiti politici (49 Cost), al punto che il soggetto che non è presente su Facebook è di fatto escluso (o fortemente limitato) dal dibattito politico italiano” pertanto “il rapporto tra FACEBOOK e l’utente che intenda registrarsi al servizio ( o con l’utente già abilitato al servizio come nel caos in esame) non è assimilabile al rapporto tra due soggetti privati qualsiasi in quanto una delle parti, appunto FACEBOOK, ricopre una speciale posizione: tale speciale posizione comporta che FACEBOOK, nella contrattazione con gli utenti, debba strettamente attenersi al rispetto dei principi costituzionali e ordinamentali finché non si dimostri la loro violazione da parte dell’utente”.

Il Tribunale, quindi, ha ritenuto che la decisione di Facebook di oscurare CasaPound si ponesse “in contrasto con il diritto al pluralismo di cui si è detto, eliminando o fortemente comprimendo la possibilità dell’Associazione…di esprimere i propri messaggi politici”.

Tale principio di diritto è stato, successivamente, confermato dal Collegio adito a seguito del reclamo proposto da Facebook: la società di Menlo Park ha sostenuto che essendo il servizio Facebook da essa gestito ed organizzato, le regole da essa dettate sarebbero sottratte a qualsiasi controllo, tanto che neanche una disposizione normativa espressa potrebbe limitare il suo diritto di decidere quali contenuti ospitare e quali escludere tanto che – si legge nella memoria di costituzione – “la circostanza che si tratti di un’organizzazione proibita o meno secondo la legge italiana non assume alcuna rilevanza”.

Insomma, Facebook rivendica il diritto di sanzionare anche condotte lecite secondo l’ordinamento italiano, ponendosi sopra la legge, oltre la legge.

Anche in sede di reclamo, tuttavia, Zuck non ha avuto fortuna: il Collegio della VII Sezione Civile del Tribunale di Roma, infatti, ha ribadito come l’utente Facebook sia tutelato, “a fronte di contestazioni relative alle opinioni espresse sulla piattaforma” dall’art. 21 – libertà di manifestazione del pensiero – e dall’art. 18 – libertà di associazione – della Costituzione che, evidentemente, nella gerarchia delle fonti, sovrasta gli standards di Facebook e persino la dottrina Boldriniana.

Ciò che è lecito secondo l’ordinamento vigente, non può essere censurato da Facebook, anche se viola i suoi standard contrattuali.

Questo principio, a corretto avviso del Tribunale di Roma, “opera nel medesimo modo per le organizzazioni dichiaratamente politiche e per qualunque altro utente che, occasionalmente o meno, utilizzi il servizio Facebook per esprimere opinioni politiche o diffondere informazioni o documenti di interesse politico”.

Facebook: nessun limite eccetto la Costituzione più bella del mondo.

(di Dalila di Dio)

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