Trump lancia le forze spaziali USA. E per Russia e Cina è corsa al riarmo

Trump lancia le forze spaziali USA. E per Russia e Cina è corsa al riarmo

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Le forze spaziali Usa sono solo l’ultima iniziativa di quel che può essere definito un riarmo mondiale. Dalla Russia alla Cina, sempre più Paesi si stanno adoperando per investire nel settore bellico e in nuovi innovativi armamenti. Ed intanto l’uscita dal Trattato Inf non può suscitare che altri timori

A pochi giorni dalla vigilia di Natale, il presidente statunitense Donald Trump ha dichiarato, nel corso della cerimonia della firma del National Defense Authorization Act del 2020, avvenuta all’interno di una base militare di Washington, la “nascita” della Us Space Force, ovvero le forze spaziali degli Stati Uniti.

Su questa nuova forza il tycoon ha affermato: “sullo sfondo delle gravi minacce alla nostra sicurezza nazionale, la superiorità americana nello spazio è assolutamente vitale: siamo ancora i leader, ma non abbastanza. In breve tempo lo saremo molto di più”. Dello stanziamento previsto di 700 mila dollari al Pentagono 40 milioni saranno utilizzati per questa nuova forza che prevede l’impiego di 16 mila unità, costituita sia da civili sia da militari. Tuttavia il personale non dovrebbe essere impiegato in azioni di combattimento bensì in attività di monitoraggio dei satelliti in orbita e controllo di eventuali minacce missilistiche straniere.

Forze spaziali USA: le reazioni

Tuttavia, questa notizia ha allertato la Repubblica Popolare Cinese, che attraverso il portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, Geng Shuang ha dichiarato che “le azioni degli USA sono da considerarsi una seria violazione al pacifico sfruttamento dello spazio e minano la stabilità strategica internazionale, ponendosi come una minacciadiretta alla pace e alla sicurezza nello spazio” mentre dal Cremlino il presidente Vladimir Putin ritiene che “la leadership politico-militare americana considera apertamente lo spazio come un teatro militare e intende condurvi operazioni”. Insomma, la nuova iniziativa del presidente Trump ha suscitato vasti timori nelle altre due Potenze.

Cina e Russia non stanno a guardare

In ogni caso, gli altri Paesi certamente non stanno rimanendo “passivi” per quanto riguarda gli investimenti nel campo bellico. Infatti, la Cina ha recentemente inaugurato nella base navale di Sanyala la sua seconda ( ma prima prodotta personalmente per intero) portaerei, ovvero la Type 001 conosciuta anche come “Shandong” . L’imbarcazione, che può raggiungere la velocità di 31 nodi nautici ed ospitare 12 caccia, è stata realizzata in un porto sul fiume Yangtze, in Jiangnan, che stando alle immagini satellitari effettuate dal Centre for Strategic and International Studies, un anno fa era completamente inesistente, in quanto la zona (ora portuale) era completamente “agricola”.

L’obiettivo di Pechino è quello di raggiungere il numero di 7 portaerei entro il 2025  per ristabilire la propria presenza nel Sud-Est asiatico dove a causa del programma missilistico della Corea del Nord si è rinforzata la presenza (e l’interesse) Usa. Inoltre, il presidente Xi Jinping ha anche avviato un processo di riorganizzazione delle Forze armate e proseguito lo sviluppo di tecnologia bellica e missilistica che è cresciuta di qualità e quantità.

A questo riarmo non è estranea la Russia che dopo l’incidente avvenuto nella base di Nyonoska avvenuto lo scorso agosto e costato la vita ad alcuni militari e scienziati, ha dichiarato di aver messo a punto “un’arma che non ha eguali al mondo, senza riguardo per le difficoltà tecniche. Il possesso di questa tecnologia unica è di per sé garanzia di pace per il pianeta ”.

Le parole di Putin, avvenute nel corso di una cerimonia alle vittime dei russi deceduti nel laboratorio dove si sarebbe messo a punto il motore di questo nuovo missile, battezzato come 9M730 Burevestnik, hanno intimorito l’Occidente. Tuttavia, lo “Zar”, aveva già dichiarato nel marzo 2018 di aver messo a punto nuove “super armi” ovvero droni sottomarini con testate nucleari, un missile intercontinentale denominato Sarmat RS 28 capace di trasportare 15 testate nucleari, e il missile ipersonico “Kinzhal” . Tutte armi bollate inizialmente dalla Casa Bianca come un bluff per mostrarsi “forte” al proprio Paese salvo poi ricredersi.

Inoltre, è doveroso segnalare come lo Stato di Israele abbia constatato il malfunzionamento dei propri sistemi di difesa elettronici causati da un attacco cybernetico attribuito alla Siria dietro cui, si suppone, si nasconda la regia e il supporto di Iran o Russia anche se lo stesso Iran ne era stato vittima. Ed è nello stesso Golfo che gli Usa, per via del ritiro (unilaterale) dall’accorso sul nucleare del 2015 siglato con Teheran e dal conseguente attrito derivato, hanno schierato bombardieri strategici e una flotta guidata dalla portaerei Lincoln. Insomma, su più fronti la presenza statunitense sta conducendo ad una nuova corsa al riarmo cui gli altri Paesi non hanno intenzione di rimanere indietro.

Forze spaziali e nuova corsa al riarmo

Il ritiro degli Usa voluto nell’estate del 2019 dal Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty ( Inf) , siglato da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov nel lontano 1987 e che sancì il completo disgelo tra Usa e Urss, ha provocato l’ira del Cremlino, accusato di averlo violato dalla Casa Bianca; ed infatti il presidente Trump dichiarò: “Finché qualcuno viola questo accordo, non saremo gli unici a rispettarlo”. L’obiettivo era la rimozione dei missili a corto e medio raggio ( circa 500 e 5.500 km di gittata) dal territorio europeo atta a garantire una maggiore cooperazione e intesa.

Pertanto la scelta del tycoon, avallata anche dal fatto che la Cina non ne facesse parte, alla luce degli eventi bellici in corso e delle varie tensioni ( es. guerra commerciale Usa-Cina ) non può far altro che rappresentare una pericolosa scintilla che ha minato il lungo lavoro di disgelo globale. Infine, tra qualche mese scadrà anche un altro importante trattato siglato tra Usa e Russia, ovvero lo Strategic Arms Reduction Treaty (Start) riduzione di armi strategiche e nucleari, la cui ultima integrazione-modifica si è avuta nel 2010 sotto la presidenza Obama.

L’incognita resta aperta.

(di Pierfrancesco Maresca)

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