“Fondi europei”, “sostegno dell’Unione Europea”, o il “vi daremo quello che volete” ripetuto da Ursula Von Der Leyen. Basterebbe la semplice dichiarazione della governante della BCE Christine Lagarde, quella in cui ha affermato di lavarsene agilmente le mani, per smentire questo mucchio di favole e di sciocchezze.
Ma siccome nonostante questo, nonostante le notizie sulle spese che la Germania si appresta a sostenere per affrontare l’emergenza coronavirus (550 miliardi di euro contro i nostri “forse 25” ma se va bene “forse 50”, in una corsa all’elemosina che sinceramente fa pena) oggi ho avuto ancora il “piacere” di leggere della presenza di “agevolazioni e fondi europei”, mi permetto di scrivere questo breve riassunto che mette in ordine informazioni ovvie, ma a quanto pare non udite o non osservate da chi non ha nessuna intenzione né di ascoltare né tantomeno di leggere. E la cosa, naturalmente, mi ha ispirato a riguardo.
I “Fondi europei” non esistono
Dovrebbe essere tutto schietto e incontestabile, ma se si presta attenzione a questioni che sono ovvietà, ebbene no, l’Italia non attinge da nessun fondo comune. I 25 miliardi (o 50 che siano nella migliore delle ipotesi attuali) non sono alcuna beneficenza, ma altri soldi concessi a prestito (ai soliti tassi folli) dagli usurai di Bruxelles.
Anzitutto il contributo netto italiano degli ultimi 12 anni è stato complessivamente di circa 48 miliardi di euro, nonostante quotidiani come Repubblica abbiano tentato miseramente di minimizzare.
Il che rende i famosi “25 miliardi” una misera elemosina “di ritorno”.
Non regge neanche la penosa spiegazione del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, secondo la quale “immettiamo 25 miliardi e attivamo 350 miliardi di investimenti” : una previsione di un banale moltiplicatore economico che resta minimamente paragonabile a quello che potrà muovere l’intervento tedesco citato nell’introduzione.
Non esiste alcun “aiuto europeo” o “fondi europei”: esistono soldi già nostri tornerebbero – bontà loro – indietro, mentre qualora venisse approvato il MES dovremmo comunque versarne ancora 110 alle casse di Bruxelles. E in pochissimi giorni.
I “Fondi europei” sono una briciola rispetto alla libertà bancaria e monetaria
Come riporta il Sole 24 Ore, gli Stati Uniti d’America, nell’anno 2018, hanno raggiunto un rapporto deficit/pil del 17%. Il Giappone ha un debito pubblico generico di oltre il 240% del PIL. Noi, con il nostro 130%, seguendo le regole di Maastricht, stiamo contrattando, in una fase di emergenza assoluta, per un misero 3%, ma forse anche 2,8%. 7,5 miliardi che sono diventati 25 e poi, forse, se tutto andrà “bene”, 50 (ma al momento quest’ultima cifra è solo una congettura, sostanzialmente basata sul nulla). Nè Giappone nè USA hanno speso cifre simili in situazioni emergenziali come questa.
Soldi presi a prestito naturalmente, seguendo il solito schema brillantissimo dell’Euro, la moneta che ci ingabbia a tassi di interesse elevatissimi, a strumenti ricattatori quali lo spread, che fanno schizzare ancora di più alle stelle il nostro già martoriato debito pubblico, con la differenza di non avere alcuna possibilità (tranne che per i tordi che credono ancora al “fondo europeo”) di ripagarlo, considerati i livelli elevatissimi di interessi che continuano a crescere nonostante il nostro avanzo primario ormai quasi trentennale.
Come ricordava il giornalista economico Thomas Fazi, per iniziare a parlare minimamente in modo serio di una crisi del genere potrebbero occorrere almeno 100 miliardi di euro, considerato che si potrebbe rischiare una caduta del PIL di oltre il 30%. Parliamo, quindi, del nulla. Ma c’è ancora chi ci crede, una cosa che potrebbe sembrare paradossale ma evidentemente non lo è.
Sunto finale
Dunque, riassumendo: non solo lo Stato italiano contratta per i sedicenti “fondi europei” che sono da elemosina per affrontare un’emergenza sanitaria che sta bloccando il Paese per settimane (e ripeto, basterebbe il paragone con il piano annunciato dal governo tedesco per rendersi conto della differenza, anche proporzionando il tutto alla minore popolazione italiana, circa 23 milioni di anime in meno).
Ma oltre ciò, essi non sono nemmeno aiuti concreti, dal momento che la cifra stanziata – almeno ad oggi – è in ogni caso inferiore ai passivi che, da Paese contributore netto, l’Italia versa all’UE da oltre 20 anni.
Ne deriva una considerazione semplicissima. Chi ancora non capisce la situazione:
Fine della (triste) storia.