Tasse ed evasione: una disamina al di là di menzogne ed allarmismi

Tasse ed evasione: una disamina al di là di menzogne ed allarmismi

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Argomenti caldi dell’ultima Finanziaria, le tasse e l’evasione fiscale hanno rappresentato e rappresentano ancor di più oggi un tema dibattuto e di dominio pubblico molto ampio. Su ambedue, esiste una narrazione mainstream che scientemente ed ipocritamente divulga falsità ed allarmismi di ogni sorta. Un tentativo di riordino dei pezzi del puzzle è quanto mai necessario.

 

L’Italia è un Paese virtuoso in Euro-zona

L’Italia dal 1992 è in avanzo primario (eccezion fatta per un disavanzo dello 0,9% nel 2009). Questo significa che le entrate fiscali (tasse) sono superiori alla spesa pubblica (immissione di denaro sonante nell’economia reale attraverso investimenti). In soldoni, ai cittadini torna indietro meno di quanto pagano all’erario: ovverosia, si sottraggono più risorse di quante se ne immettano. Lo Stato drena moneta più di quanta ne inietti.

Al contrario di quanto racconta la vulgata ideologizzata, allarmista ed auto-razzista dell'”Abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità“, perciò, l’Italia è un Paese assai virtuoso. Almeno – e soltanto da questo punto di vista – secondo le storture ideologiche dei parametri europei, di base monetaristi e liberisti: da quasi 30 anni (nessuno al mondo ha fatto meglio nello stesso periodo). Motivo per cui, al contrario, da decenni l’Italia sta vivendo al di sotto delle proprie possibilità.

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Avanzo primario dell’Italia

 

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Avanzo primario dell’Italia rapportato a quello degli altri Paesi europei

 

Tasse ed evasione: la loro vera natura

Fatta questa imprescindibile premessa, si può passare ad analizzare le vere funzioni delle tasse, e la vera natura dell’evasione con esse. In uno Stato sovrano, infatti, l’imposizione fiscale non serve a pagare la spesa pubblica. Lo Stato impone tasse ai propri cittadini:

  • per imporre la moneta a corso legale (obbligando di fatto i cittadini ad utilizzarla, in quanto l’unica accettata per il pagamento, appunto, degli oneri fiscali);
  • per controllare l’inflazione (tassando di più o di meno, si riduce o si aumenta, rispettivamente, la massa monetaria, e si regolano in tal modo i prezzi);
  • per redistribuire la ricchezza.

La spesa pubblica è fatta a monte del prelievo fiscale, e si sostiene con l’emissione monetaria (fatta d’imperio dallo Stato, dal nulla: se sovrano, il suo default è impossibile). Prima si spende e si mette in circolazione la moneta, e solo poi si raccoglie tassando. In Euro-zona invece, per mera scelta politica, si è demandato questo potere a una Banca Centrale (di fatto privata). Gli Stati debbono elemosinare a prestito la moneta dalle banche commerciali, tramite l’emissione e la vendita di titoli del debito pubblico sul mercato.

Il debito è inestinguibile (ma nemmeno deve essere ripagato), per una questione di matematica finanziaria sugli interessi compositi. Dal 1980, l’Italia ha pagato 3900 miliardi di euro di interessi a fronte di un debito che oggi è di quasi 2500 miliardi. Così si è ingabbiati e ricattati (da gruppi bancari e finanziari), grazie ai trattati, in secula seculorum. Il motivo dell’alta tassazione in Italia è proprio questo: la costrizione a fare bassi deficit, e nel frattempo a pagare salati interessi a chi compra i titoli del Tesoro, in un meccanismo d’asta paradossale, peraltro. Da cui un elevato avanzo primario.

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Differenze tra gli avanzi primari dei maggiori Paesi europei

 

Tasse ed evasione: come considerarle

A questo punto, rispetto a tasse ed evasione fiscale, si nota un fil-rouge: risulta evidente, nondimeno, che evadere le imposte non sottrae soldi alla spesa pubblica (ospedali, scuole, strade, servizi, ecc…). Infatti, le tasse non servono a quello scopo, ed anzi l’evasione – mantenendo una maggiore quantità di denaro in circolo nell’economia reale (gli evasori quei soldi li spendono o li investono) – contribuisce un po’ a ridurre la deflazione e ad impedire una più brutale crisi e recessione.

Non si sta qui suggerendo assolutamente di lodarla, ma quanto meno di valutare bene i motivi e le scaturigini che spingono a tale pratica: nell’architettura dell’Euro-zona, la pressione fiscale reale italiana supera il 60% per i motivi di cui sopra. L’assenza di sovranità monetaria ne è alla base. Così, essa spesso costringe a chiudere e spinge a suicidarsi gli imprenditori: è, di fatto, immorale e nociva.

Laddove, in special modo, si consideri che le multinazionali, invece, “eludono a norma di legge” pagando meno del 5% – od addirittura zero – di oneri (e di certo non con i contanti, contro i quali si è scatenata un’assurda crociata). Facendo quindi “concorrenza sleale”, costringendo a chiudere migliaia di piccole e medie imprese, e riassorbendo molti meno lavoratori – ed a condizioni peggiori – rispetto ai posti che distruggono.

 

L’importanza della comprensione di questi fenomeni socio-economici

La stigmatizzazione e persecuzione del piccolo evasore, ovviamente, non è la soluzione: anzi, è una falsa soluzione ad un problema distorto, ma fa presa sul senso comune (artatamente confezionato). Essa serve solo a distrarre dalla necessità di altri veri interventi di natura macroeconomica, e ad alimentare la guerra orizzontale tra gli ultimi (il sempiterno “divide et impera“).

In conclusione, occorre ritrovare i punti e chiudere il cerchio. In primo luogo, le tasse non servono a finanziare la spesa pubblica, bensì ad imporre la valuta a corso legale ai cittadini ed a calmierare l’economia: surriscaldarla, in caso di deflazione; raffreddarla, in caso di inflazione.

Tuttavia, in assenza di sovranità monetaria – e quindi di possibilità illimitata di finanziamento della spesa -, occorre rivolgersi ad investitori privati, cui pagare interessi. Le tasse raccolte, maggiori degli investimenti fatti, finiscono a gruppi finanziari ed holdings di sorta. In tal modo, si è drenata ricchezza dal circuito economico interno, il quale ne risente contraendosi ed indebolendosi, come un corpo senza sangue.

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La moneta è il sangue del corpo economico di un Paese

L’evasione danneggia l’erario statale nella misura in cui esso è compromesso dall’assenza di sovranità, motivo per il quale non può più creare dal nulla il denaro da sé. Infatti, i soldi non restituiti allo Stato restano nell’economia reale, perché vengono spesi dai cittadini. Il che, va specificato, non è una giustificazione tout court dell’evasione fiscale, ma un tentativo di comprensione della stessa nel quadro generale.

Uno Stato sovrano non necessita delle tasse per spendere – anche perché sarebbe una mera redistribuzione, senza implementazioni -, ma usa queste ultime per regolare la propria economia. Uno Stato non sovrano impone alte tasse e persegue l’evasione dei piccoli, da esso stesso strozzati, per restituire salati interessi sul debito, in una moneta che non controlla né emette. L’Italia, oggi, purtroppo, si trova nella seconda complicata condizione.

(Enrico Gatto & Lorenzo Franzoni)

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