Falange contro Legione: Greci e Romani a confronto diretto

Falange contro Legione: Greci e Romani a confronto diretto

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Falange greco-macedone o Legione romana? Chi ha avuto la meglio? Qual è la formazione più forte dell’antichità? Quale ha vinto gli scontri diretti? È la domanda che tutti gli amanti della storia militare antica si pongono almeno una volta nella vita. Una domanda a cui segue una risposta certa. Quale dei due è la formazione più forte? La legione romana, senza dubbio.

Nella rubrica Extrema Ratio ho già parlato sia della Falange oplitica che della legione romana (di età monarchica e repubblicana). D’altra parte non ho ancora parlato della Falange macedone, benché abbia già discusso con voi delle imprese di Alessandro Magno. Perché parlo della falange macedone? semplice, perché quando Roma invase la Grecia e ci fu il fatidico scontro di Cinocefale, la falange oplitica di spartana memoria era già stata superata.

Alessandro Magno aveva già radicalmente rivoluzionato l’arte militare del Mediterraneo portando alle estreme conseguenze le idee già attuate da suo padre Filippo. La falange greca, dunque, era già stata superata in favore della falange macedone, che utilizzava le sarisse (lance lunghe dai 4 ai 6 metri), e sostituiva i pesanti scudi oplitici con scudi più leggeri e piccoli. L’uso della falange oplitica, si badi bene, non fu però abbandonato: era ancora presente nei diversi reparti dei regni ellenistici.

Falange contro Legione: Greci e Romani a confronto diretto

 

Falange contro Legione parte I: Cinocefale

Lo scontro diretto ci fu, ed avvenne nel 197 a.C. presso Cinocefale, in Tessaglia, nell’odierna Grecia continentale. La battaglia fu combattuta nell’ambito della Seconda Guerra Macedonica, che vide contrapporsi la Repubblica Romana ed il Regno di Macedonia. Roma in quegli anni stava imponendo il suo dominio su tutto il Mediterraneo, aveva appena sconfitto Annibale, uno dei migliori generale dell’antichità, ed era pronta e matura per imporre la pax romana sul mondo allora conosciuto.

Lo scontro, sanguinoso, avvenne in un luogo collinare, decisamente svantaggioso per le formazione del re di Macedonia Filippo. La falange infatti mantiene tutta la sua forza – così come i quadrati di picchieri svizzeri e lanzichenecchi– su un terreno pianeggiante e privo di asperità naturali. Così i falangisti possono avanzare compatti, frapponendo fra loro ed il nemico un muro compatto di lance impenetrabile.

Contro la volontà dei due generali, la battaglia iniziò quando ancora le legioni di Tito Quinzio Flaminio e le forze di Filippo non erano in posizione. Fu infatti la fanteria leggera di entrambi gli eserciti a versare il primo sangue in uno scontro sanguinoso in mezzo al campo di battaglia. La falange di destra macedone arrivò allora in soccorso delle unità impiegate con i Romani che vennero pian piano fatti arretrare. Flaminio allora, non impiegò le altre legioni di fanteria pesante e gli elefanti a sua disposizione per soccorrere il fianco sinistro, ma li lanciò contro la falange macedone che si stava ancora schierando.

Le forze della falange, che stavano ancora marciando per prendere la posizione, vennero colte di sorpresa, male dispiegate e su un terreno svantaggioso. La resistenza dei macedoni si sciolse subito di fronte ai pila dei legionari romani e dei gladi che li infilzavano con estrema facilità. Messo in fuga il nemico di fronte a loro, Flaminio inviò di conseguenza venti manipoli a sostenere i fanti del fianco sinistro che erano in grave difficoltà. Attaccando dal fianco, i flessibili manipoli romani scompaginarono la formazione macedone che perse compattezza e scappò. Il primo scontro falange-legione venne stravinto dai Romani.

Falange contro Legione: Greci e Romani a confronto diretto

Legione contro Falange parte II: Pidna

Anche il secondo scontro che vide contrapporsi la falange macedone e legione romana avvenne in Grecia. Questa volta la battaglia si svolse a Pidna, nel corso della Terza Guerra Macedonica che segnò definitivamente il destino della Grecia e della Macedonia. Conclusasi la guerra a favore di Roma, la Grecia intera divenne infatti provincia romana.

Nonostante ciò, la battaglia si aprì in favore della falange macedone schierata da Perseo. Il generale romano Lucio Emilio Paolo aveva al suo comando 30.000 uomini e 22 elefanti contro i 40.000 del re macedone che schierava pure 4000 cavalieri. La falange macedone iniziò  a marciare a passo cadenzato per scontrarsi con le prime linee della fanteria romana che subì la pressione e la spinta del falangisti. I legionari tentavano di rendere inoffensive le lance tranciandole di netto con le spade o strappandole ai nemici, ma, frontalmente, la falange risultava inarrestabile.

Falange contro Legione: Greci e Romani a confronto diretto
Gli schieramenti nella battaglia di Pidna

Spinti sempre più indietro, i Romani perdevano terreno, mentre i Macedoni e i Greci avanzavano. La battaglia sembrava persa almeno fino a quando il terreno, da pianeggiante, divenne sempre più irregolare. Rocce, deformazioni del terreno e collinette stavano infatti scompaginando la formazione macedone, non più perfettamente compatta ed allineata. Emilio Paolo ordinò allora a diversi manipoli di sfruttare le irregolarità del terreno e di impegnare in corpo a corpo i falangisti in disordine. Ne approfittarono così i legionari che si intrufolarono fra le linee nemiche infilzando i soldati macedoni.

Il legionario romano ebbe allora ragione del soldato macedone che non era abituato a combattare con la spada. La battaglia volse così in vantaggio dei Romani che alla fine vinsero. I morti per parte macedone furono circa 20.000; mentre si racconta che i Romani caduti fossero solo 100 e 400 i feriti.

Falange contro Legione: Greci e Romani a confronto diretto

Legione batte Falange 2 a 0

Analizzando le due battaglie l’attenzione è richiamata dal fatto che inizialmente è la falange ad aver ragione delle legioni; per poi perdere compattezza e quindi scompaginarsi rovinosamente. Questo risiede nel fatto che idealmente la falange macedone è una formazione imbattibile. Le lunghe sarisse, l’armamento pesante, la sequenza di punte acuminate rivolte al nemico e l’intenso addestramento dei falangisti rendono la falange uno strumento imbattibile. C’è solo un punto debole: la coesione. Se la falange perde coesione, se viene assalita su un fianco, anche da pochi uomini, o sul retro, allora è spacciata.

Quando l’attenzione di alcuni membri della formazione è attirata altrove, questi devono abbandonare la sarissa, che per la sua lunghezza è estremamente ingombrante. Facendo così il fronte di picche perde però potenza, e anche un singolo buco permetterebbe ai nemici di intrufolarsi e superare il muro di sarisse. Quando i Romani, per esempio, superarono le sarisse macedoni e arrivarono al corpo a corpo, ebbero gioco facile di soldati poco usi al duello con la spada e abituati ad agire come un sol uomo. Un’altra ragione risiede nei pila, i giavellotti che ogni legionario romano si portava in battaglia.

Falange contro Legione: Greci e Romani a confronto diretto
A sinistra un legionario romano, armato di Scutum, Pilum, Gladium, elmo di Montefortino ed armatura Lorica Hamata di origine gallica. A destra un falangista macedone con elmo di origine spartana, armatura pesante di lino, e due lance pesanti. Da notare l’Oplon, lo scudo, leggermente più piccolo di quelli classici.

Nonostante i legionari fossero dei fanti pesanti, avevano sempre con se questo giavellotto, il pilum, che lanciavano contro il nemico poco prima dello scontro corpo a corpo. L’obiettivo non era solo ridurre le file nemiche, ma anche più subdolo: i pila infatti erano pensati per essere utilizzati una volta solo. Dopo essersi conficcati negli scudi nemici si piegavano e ritorcevano così da non essere riutilizzati contro i romani stessi e per appesantire gli scudi dei nemici.

La legione romana ha dunque vinto – e stravinto– il duello con la falange macedone per via della sua manovrabilità, della sua divisione in sottoreparti e dell’indipendenza dei suoi membri. Non solo, l’armamento e le armi del legionario romano erano pensate per completare a tutto tondo il soldato. Il legionario univa alla capacità di lanciare giavellotti quella delle armature e dei grandi scudi della fanteria pesante. Univa all’abilità con la spada nei duelli una profonda capacità di operare in completa armonia con i camerati. E, indispensabile, fondeva in un’unica formazione la flessibilità dei piccoli gruppi e la volontà granitica delle grandi formazioni da battaglia.

(di Fausto Andrea Marconi)

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