“Contro l’eroticamente corretto”: intervista ad Adriano Scianca

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Secondo una fantasiosa lista i “gender” – i generi di identità sessuale/comportamentale – sono 56 e poco meno sono le contraddizioni dell’ideologia gender. Il primato dell’immaginazione e della sensibilità rischiano di produrre una fuga dalla realtà, proprio nel momento in cui il mondo occidentale è esposto a pulsioni distruttive inedite. Adriano Scianca analizza quella che è diventata una ideologia dominante nel nostro tempo nel suo saggio “Contro l’eroticamente corretto” (edizione Bietti): un’opera approfondita su uomo, donna e tutte le confusioni che si interpongono tra i due poli. Abbiamo parlato con l’autore dei nodi della questione, del nesso tra fascinazione sessuale per il maschio africano e immigrazionismo e abbiamo anche scoperto personaggi da film dell’orrore come quel dottor Money che castrò un bambino e lo vestì da bambina per dimostrare che “così è se vi pare”. Anche quando non è. La prima domanda però riguarda due figure di grande impatto mediatico:

Adriano, nei giorni scorsi abbiamo assistito al grande confronto televisivo tra Vladimir Luxuria e Asia Argento, due giganti del pensiero contemporaneo.

Premesso che non ho assistito al dibattito, credo che tra i due personaggi paradossalmente Luxuria abbia un minimo di lucidità in più

“Donna della tradizione” in confronto ad Asia Argento!

“Donn*” con l’asterisco… Quanto meno Luxuria è stata in parlamento ed è abituata a un minimo di dibattito politico: sul caso Weinstein ha detto anche cose sensate.

Salvo poi pentirsi e chiedere perdono per “leso politically correct”.

Asia Argento viceversa mi sembra un personaggio impresentabile, di forte umoralità. Sono però entrambe figure che lasciano il tempo che trovano.

Nell’ambiente radical-chic da una parte si predica il “ritorno alla natura” con l’animalismo, il veganismo; dall’altra si propone l’ideologia gender che sembra prescindere da ogni base naturale. Come si conciliano queste due istanze nelle teste delle medesime persone?

È una contraddizione solo apparente: il veganismo, che rispetto come scelta alimentare e un po’ meno come ideologia, fa riferimento a una natura immaginaria. Allo stesso modo il gender introduce l’immaginazione – il “sentirsi dentro” – nel discorso sull’identità sessuale, ma tutti e due i concetti sono abbastanza lontani dalle dinamiche reali sia dei meccanismi alimentari che sessuali.

Il gender ripudia apertamente la naturalità e sembra basarsi sulla prevalenza del desiderio: “io voglio essere donna, dunque mi dovete considerare come tale”.

Ancor prima che sul primato del desiderio, si basa sulla denuncia della “oppressione del discorso”: a detta dei teorici della ideologia gender noi tutti siamo cresciuti sentendoci uomini o donne a causa di una oppressione discorsiva, di una narrazione del “potere” che ci ha imposto di accogliere una di queste alternative “binarie” già date: identità socialmente costruite e che dovrebbero essere decostruite. A quel punto, al posto delle vecchie alternative, subentra il desiderio: ognuno sceglie il gender che vuole. Qui però si insinua una contraddizione ad esempio nella posizione di una teorica come la Marzano che sostiene che il gender è l’identità stabile e perdurante di chi si sente uomo o donna senza esserlo veramente. Non si capisce – se tutto è fluido e definibile “ad libitum” – come poi si possa giungere a una identità “stabile” di genere.

Questa fluidità dà luogo alla infiorescenza barocca di una trentina di generi, talvolta surreali, alcuni che “voi umani non potete neppure immaginare”.

La cantante Miley Cyrus che prima si diceva bisessuale a un certo punto si è corretta dichiarando di essere “pansessuale”. E non si capisce cosa un pansessuale possa fare di più rispetto a ciò che già fa un bisessuale…

Siamo di fronte a comparse di un film felliniano, però a un certo punto nel tuo libro irrompe un personaggio inquietante: il dottor Money.

È forse il primo teorizzatore del concetto di gender. Money si occupava di “riassegnazione del genere” nella convinzione che tutto fosse deciso dall’ambiente, dagli stereotipi dell’educazione.

Per questo si spinse a “riassegnare” l’identità anche a bambini, come lo sventurato Bruce che in seguito a una operazione di circoncisione aveva subito una mutilazione al pene.  Bruce fu castrato da Money, col consenso degli sciagurati genitori, e divenne “Brenda”.

In realtà poi ci si accorse che anche in questo bambino, trasformato in una “bambina” a un certo punto si faceva sentire il “sussurro dei geni”, la voce dell’identità sessuale legata alla biologia. Una vicenda che ha creato drammi esistenziali non indifferenti conclusosi con il suicidio della “cavia”.

La storia del bambino trasformato coattivamente in bambina è da crimine contro l’umanità!

Certo e fa ridere il tentativo di una bioeticista come Chiara Valli che ha tentato di giustificare questo esperimento

…un po’ Frankenstein…

Dicendo che le sue azioni erano congruenti alle “idee dell’epoca”. In realtà fu proprio Money a introdurre il concetto del gender indipendente del sesso e agì in maniera conseguente alla rivoluzione teorica che aveva introdotto, fallendo in maniera drammatica.

C’è un precedente mitologico classico: Teti per preservare il figlio Achille dai rischi della guerra decide di farlo crescere come una femminuccia: lo manda in un gineceo vestito come una bambina a giocare con le bambole.

Neanche in quel caso l’esperimento sembra aver avuto successo.

No, perché a un certo punto arriva l’astuto Ulisse che ha bisogno di un forte combattente per conquistare Troia e sa che c’è questo eroe che si ignora e veste in panni femminili. Ulisse apre un sacco in cui sono contenuti tanti balocchi: le bambine corrono a prendere bambole pettini, il piccolo Achille si tuffa su frecce, archi e spade.

È un mito illuminante. Ci sono studi che dimostrano che anche tra i primati ci sono differenze tra i balocchi che scelgono i cuccioli maschi e femmine.

Tornando al personaggio iniziale, Vladimir Luxuria, paradossalmente la sua testimonianza conferma una tesi sgradita. Luxuria ha dichiarato: “io mi sentivo bambina e volevo giocare con le bambole”.

Questo è un altro punto di contraddizione sottolineato nel libro dopo riporto il caso dell’ex atleta statunitense William Bruce Jenner che alla domanda sul perché aveva deciso di diventare “Catylin” si giustificò dicendo: “io ho sempre avuto un cervello da donna”. Ma allora esiste un cervello da donna? Questa oscillazione tra il credere che tutto sia costruito e un certo essenzialismo caratterizza anche una parte consistente della critica femminista: “il maschile e il femminile non esistono”, ma nello stesso tempo “il maschio è intrinsecamente violento e femminicida”. A questo punto anche la pretesa di avere “quote rosa” diventa fragile: che senso ha se il sesso è una costruzione sociale che può essere modificata a piacere?

“Il maschio intrinsecamente violento” dicono, però questi stessi ambienti culturali coltivano una fascinazione nei confronti del maschio immigrato: il maschio forte, naturale, che viene da luoghi selvaggi e a cui si giustificano certe esuberanze birichine, come a Capodanno a Colonia…

Di questo ho parlato anche nel mio precedente libro “L’Identità Sacra”, cioè del fatto che nell’immigrazionismo c’è una forte dimensione sessuale talora espressa talora inconscia. L’idea-mito del grande grande vigore dell’immigrato attira tutto un ambiente. Si pensi al messaggio lanciato da quel prete accogliente don Biancalani, senza fare congetture sui suoi orientamenti sessuali. È evidente che dalla sua narrazione e dalle foto che pubblica emerge questa fascinazione per i corpi così forti che accomuna spesso fautori dell’immigrazione e gruppi femministi.

Non si accorgono di stare scherzando col fuoco?

C’è una contraddizione macroscopica di base: il femminismo che non ha più nulla da dire dal momento che le donne hanno conquistato tutto, hanno raggiunto la parità dei diritti…

…la “parità + 1“oserei dire…

Esatto, ebbene il femminismo avrebbe una sola battaglia vera da combattere: l’unica emergenza rispetto alle quali le donne sono esposte è il ritorno di culture oppressive per effetto dell’immigrazione. È l’unica battaglia che dovrebbero combattere ed è l’unica che non combattono: generalmente le femministe sono anche immigrazioniste.

Il nemico oggi sembra essere il “patriarcato”, la cultura definita come patriarcale nella sua globalità. D’altra parte un certo vago “matriarcato” oggi sta producendo esserini inconsistenti, caratterizzati da una iper-sensibilità: gli snowflakes, fiocchi di neve, come sono chiamati in America.

Questa cosa che dici è verissima ed è una tendenza tipica del nostro tempo in cui ogni dibattito anche legislativo si basa sulla “sensibilità individuale”: non conta più il diritto, non conta più se una cosa è giusta o sbagliata, ma conta la sensibilità.  Questo tempo ritorna anche nel dibattito sulle molestie. Caso eclatante: la donna che ha accusato Dustin Hoffman era una stagista nel 1985, quando l’attore le si rivolse con una battuta fuori luogo: “a quell’epoca non avevo gli strumenti concettuali, ma con la consapevolezza di oggi posso dire di aver subito una molestia” ha dichiarato la donna. Una molestia denunciata dopo venti anni e dopo un lungo lavorio culturale che ha modificato la “sensibilità”, ma in questo modo si perde completamente il senso della oggettività delle situazioni.

Forse si perde il senso che esistano “i fatti”, oltre le reazioni di sensibilità. Sorge il sospetto che tutte queste polemiche servano a nascondere quelle che sono le vere violenze che le nostre donne rischiano di incontrare per strada o nel vicinato.

Nel momento in cui “tutto è molestia e violenza” il rischio è appunto la banalizzazione. Le violenze reali rischiano di cadere in un calderone mediatico e di essere relativizzate.

Come se ne esce?

Se ne esce con un ritorno alla realtà che però in questo momento non è all’orizzonte. La fase in cui stiamo vivendo è da basso impero: si discute del sesso degli angeli mentre i barbari incombono e rischiano di produrre un brusco risveglio alla realtà. I barbari stanno già premendo alle porte e molti sono già entrati. La nostra società si perde in queste discussioni evanescenti dall’altra va incontro a una brutalità sempre crescente.

(di Alfonso Piscitelli)

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