Salviamo Pasolini dai radical chic

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Che lo si ami o che lo si odi, nel pensiero di Pier Paolo Pasolini c’è spazio per ogni suggestione e interpretazione, un personaggio contraddittorio e da mille sfaccettature: comunista conservatore, misogino ma legato alla figura materna, libertario ma anti-abortista.

Pasolini con la sua visione del mondo riesce ad unire mondi diversi e distanti tra di loro, lo spirito ribelle e anti-moderno dello scrittore potrebbe fare da collante e magari dar vita a un vero e proprio confronto. Ad oggi Pasolini viene ricordato da intellettuali figli di quella borghesia arricchita che egli odiava, gente che si fregia della sua figura e la usa come stendardo per battaglie che mai avrebbe potuto accettare. Come può il progressista medio parlare di un uomo che disprezzò il ’68?

Come può il paladino della democrazia made in USA elogiare uno dei pochi intellettuali che previde nell’americanismo la deriva della nostra società? Ad oggi sono tante le iniziative, specialmente in occasione dei quarant’anni della sua morte, in memoria del noto poeta, che si tratti di mostre, spettacoli o rassegne cinematografiche vi è sempre un filo comune che le lega: l’utilizzo propagandistico dell’intellettuale.

Che tipo di propaganda? Una propaganda capace di travisare il pensiero di un ribelle ed appiattirlo alle logiche del potere (pur facendolo passare sempre per idea non conforme). L’esempio più lampante è quello del film “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, trasposizione del romanzo di De Sade ambientata nella Repubblica Sociale, oggi quest’opera è una delle bandiere dell’antifascismo salottiero che ne coglie una critica al regime e alla “corruzione fascista”.

Ridurre “Salò” a film antifascista è da ignoranti e da perbenisti, il tema fondante del film è la rappresentazione dell’anarchia del potere, potere retto dalle quattro figure del film: il Duca (potere di casta), il Vescovo (potere ecclesiastico), il Presidente della Corte d’Appello (potere giudiziario), e il Presidente della Banca Centrale (potere economico). Ad oggi tutte queste diverse branche rappresentano quella stessa società che i neo-pasoliniani difendono a spada tratta, siete dunque voi i veri nemici di Pasolini.

Soffermandoci sull’antifascismo di Pasolini. C’è da dire che il poeta si discosta dal regime avendone una visione provinciale e retorica, secondo la sua ottica il regime non è una forza rivoluzionaria e ciò lo porterà verso il comunismo.

Tralasciando gli aspetti del regime, Pasolini si sviluppa come scrittore e giornalista proprio attraverso i Gruppi Universitari Fascisti e la GIL ( Gioventù Italiana del Littorio) che contribuiranno notevolmente al suo sviluppo culturale, inoltre molti aspetti del Pasolini-pensiero hanno più aspetti in comune col fascismo rivoluzionario che con il comunismo.

La visione comunista di Pasolini andrà sempre in forte contrasto con le logiche del partito, basti pensare alla sua espulsione per “condotta illecita”, dovuta appunto alla sua omosessualità. Un antifascismo viscerale e forse (permettendomi una critica) un po’ ignorante ma che va contestualizzato, ciò che cogliamo nella figura di Pasolini è l’indole di un ribelle anticonformista, di un giornalista coraggioso e le sue denunce al sistema.

E’ quindi amaro osservare come un ribelle sia usato dal sistema come suo rappresentante, è quindi nostro dovere riscoprire questa figura aldilà dei paletti ideologici. Lasciamo ai semicolti i loro totem ma salviamo Pasolini la cui arte può essere apprezzata nelle borgate e nei campi di calcio, non certo nelle gallerie dell’alta società.

(di Antonio Pellegrino )

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