Potrei partire da “Buon Natale”. E sì, lo faccio. Ma lo faccio forse con un po’ di malinconia e di tristezza, dettate dalla situazione in cui ci troviamo invischiati ormai da due anni.
L’ultimo “Buon Natale” con il Covid? Cominciamo a dubitarne
Purtroppo su questo fronte cominciamo a dover essere pessimisti. Questa brutta storia non sembra avere una fine. Non basta la stragrande maggioranza della popolazione vaccinata, la corsa ai positivi (sempre identificati come malati) prosegue imperterrita. Non bastano le rassicurazioni sulla variante Omicron, definita da tutti coloro che l’hanno studiata per primi come sostanzialmente innocua (almeno per ora). Concetto sottolineato a chiare lettere proprio da chi l’ha scoperta.
La normalità sembra un miraggio e le dosi di vaccino sembrano infinite. Perfino per chi non si aggiorna, i tamponi continuano a sussistere. Sarà dunque durissima immaginare quando si potrà tornare alla normalità. Questo sebbene qualche reazione ci sia stata, insufficiente però a contrastare ciò che ci sta soffocando da quasi due annate.
La speranza deve guidarci
La reazione avutasi a Trieste, ancorché ormai spenta, deve guidarci all’ottimismo. Alla necessità di proseguire nel nostro impegno quotidiano. Nel nostro piccolo, senza pretendere miracoli.
Perché tornare alla normalità dipenderà anche da questo. Dalla capacità che ciascuno di noi avrà nell’intepretare meglio questa difficilissima fase della nostra storia. Una fase che non avremmo mai immaginato solo qualche tempo fa, quando già sapevamo di essere in caduta libera. Buon Natale.
(di Stelio Fergola)