Ddl Zan, la propaganda prosegue, anche dopo l'affossamento

Ddl Zan, la propaganda prosegue, anche dopo l’affossamento

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Dopo la caccia al no vax, lo sport più in voga in questo ultimo scampolo di 2021 è certamente ciarlare a vanvera di diritti e – ovviamente – del Ddl Zan con propaganda al seguito.

Il regolamento di questa singolare disciplina impone che per vincere si debba sentenziare urbi et orbi di diritti e leggi, essendo totalmente all’oscuro di ciò di cui si discorre: vince chi parla di più, sapendone meno. Possibilmente, dal pulpito più alto.

Ddl Zan, la propaganda continua

Domenica sera, scontro al vertice tra la pop star Lady Gaga e i Maneskin: la prima a Che tempo che fa, tempio della propaganda di Raitre, ospite del sacerdote del pensiero unico Fabio Fazio.

Gli altri, con in mano un MTV Europe Music Awards, dall’Ungheria del temibile Orban.

Opportunamente compulsata da Fazio, l’attrice ha dichiarato: “Volevo dire una cosa alla comunità LGBTQ+ in Italia: siete i più coraggiosi, siete i più gentili, siete un’ispirazione e che succeda una cosa di questo genere (lo stop al DLL Zan, ndr) dobbiamo gridare al disastro. Voi dovete invece essere protetti, a tutti i costi, come tutti gli esseri umani che vivono su questa Terra. Io continuerò a scrivere musica per voi, e, cosa più importante, cercherò di lottare per voi”.

Al netto della generalizzazione – apoteosi della discriminazione – per cui omosessuali, lesbiche e transessuali sarebbero “coraggiosi, gentili e di ispirazione” in quanto tali, nonché bisognosi di protezione al pari di gattini abbandonati in tangenziale, le affermazioni di Lady Germanotta lasciano intendere che in Italia sarebbe in corso una feroce persecuzione di omosessuali e transessuali nell’indifferenza generale e con la compiacenza del Parlamento.

Dello stesso tenore il discorso del frontman dei Maneskin che, brandendo il trofeo di Best Rock Act agli EMAs, ha sentenziato in mondovisione: “Peccato per i diritti civili, dove continuiamo a rimanere indietro, e invece per noi sarebbe stata la vittoria più importante”.

Siamo certi che la band, così attenta ai diritti, sarebbe immediatamente pronta a barattare la vittoria a Sanremo, all’Eurovision e finanche l’apertura del concerto dei Rolling Stones a Las Vegas con l’approvazione del DDLZan, “la vittoria più importante”, ma al netto di questo dettaglio, ci piacerebbe domandare a Damiano e soci di quali diritti vanno parlando.

I “diritti” mai introdotti da Zan e l’ignoranza dei vip

Sì perché a dispetto di quanto viene quotidianamente propinato dalla potente macchina della propaganda LGBT – diventata anche più feroce dopo l’affossamento dello scorso 27 ottobre – il Ddl Zan non riconosce alcun diritto, se non quello di mettere a tacere chi rivendica la libertà di considerare donna chi è biologicamente tale o di sanzionare penalmente chi si batte per un mondo in cui non ci siano sedicenti uomini che partoriscono o neonati prodotti su commissione per soddisfare i desideri di due adulti.

Eppure, questa mattina la Repubblica raccontava la storia di un’Italietta di cui tutti “ a cominciare dai senatori” dovremmo vergognarci – parola molto in voga sulle labbra dei progressisti – in quanto “Paese che blocca i diritti”.

Il Senato della Repubblica Italiana ha osato – peraltro, con la complicità di ampie frange della sinistra – respingere la raccapricciante proposta di legge e a chi è abituato a governare senza vincere le elezioni la cosa è parsa subito inaccettabile.

Così, tra malafede e supponenza, l’obiettivo di offrire al mondo il racconto di una Nazione retrograda, incivile e meschina, popolata da odiatori gretti e ignoranti, sembra essersi imposto nell’agenda di star e starlette nostrane e di importazione, unite tutte da furore ideologico e assoluta ignoranza delle cose di cui parlano.

Possiamo, certamente, affermare senza tema di smentita che Lady Gaga non conosca una parola del disegno di legge il cui affossamento sarebbe “un disastro” e abbiamo ragionevoli motivi per ritenere che la principale occupazione dei Maneskin non sia lo studio di testi normativi all’esame del Parlamento. Eppure, occuparsi a senso unico di temi simili sembra imprescindibile per chi vuole scalare le vette dello showbusiness.

Una sorta di tangente da pagare alla lobby che non esiste ma che, inspiegabilmente, domina ormai ogni settore della società, riuscendo a piegare chiunque provi a rappresentare una realtà diversa da quella imposta dal pensiero unico, che si chiami Barilla, Domenico Dolce o J.K. Rowling. A questa gente, l’Italia che dice no proprio non va giù. E per piegarla sono disposti a tutto. Anche a dipingerla agli occhi del mondo come un lager per LGBT.

(di Dalila di Dio)

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