Leggenda azzurra

L’infinita Leggenda Azzurra

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La leggenda azzurra, il simbolo fuori parametro fatto di colori che hanno fatto e continuano a fare la storia. Lo ha detto anche Leonardo Bonucci, orgoglioso: “Ora siamo leggenda”. Andrebbe detto a fronte più alta, ogni giorno. Perché i numeri della nazionale italiana di calcio sono quelli di un prestigio incredibilmente ignorato da quelli che dovrebbero essere i suoi primi supporter. Sempre, non solo quando si alza una coppa dopo un cammino esaltante.

La leggenda azzurra inaugura un XXI secolo da brividi

Se nel Novecento la leggenda azzurra consta di ben tre titoli mondiali e uno europeo, il XXI secolo, nonostante la crisi verticale che ha attraversato la nazionale italiana, mette addirittura i brividi: quattro finali in 21 anni, un titolo mondiale e un titolo europeo.

Una leggenda vivente che diviene Campione d’Europa con 34 partite senza mai perdere, in un torneo vinto con 5 vittorie, due pareggi, 14 gol fatti e 4 subiti.

In una fase storica difficilissima per i colori azzurri, rappresentata da diverse figuracce (Italia fuori al primo turno ai mondiali 2010 e 2014, addirittura non qualificata per Russia 2018).

Dieci finali totali tra le due competizioni, sei i trionfi.

Solo la Germania ha vinto più di noi in Europa, solo il Brasile più di noi nel mondo. Non esistono altri discorsi da fare. E forse, se gli inglesi si considerano maestri del calcio senza aver raggiunto neanche un minimo di ciò che abbiamo fatto noi, dovremmo iniziare a capire perché non possiamo farlo noi. Con orgoglio e nel rispetto di tutti.

Mancini, Vialli e lo staff: un successo costruito in tre anni

Ora si può dire e a fronte alta: questo successo viene da lontano, molto lontano. Soprattutto da un obiettivo dichiarato – in realtà anche alla stampa – subito dopo il disastro del novembre 2017, quando l’Italia non si qualificò, per la seconda volta nella sua storia, a un campionato del mondo.

Il nuovo CT all’esordio era stato chiarissimo: “Voglio vincere mondiali ed europei”. Tra l’altro detto con una semplicità, in quella prima conferenza stampa, che oggi fa quasi impressione.

È ormai certo che la FIGC dopo il disastro di Ventura abbia investito soldi e tempo in un progetto decisamente più articolato di un semplice cambio di allenatore (come fu, ad esempio, l’ingaggio di Arrigo Sacchi nel 1992 successivamente alla mancata qualificazione agli europei di Svezia). Chi ha visto il documentario Sogno Azzurro, ora visionabile su RaiPlay, può avere un’idea maggiore.

La nazionale di Roberto Mancini è un progetto tecnico, calcistico ma incredibilmente, anche culturale. Il documentario mostra inequivocabilmente dichiarazioni e testimonianze dirette su come sia il CT che il suo staff avessero in mente un solo obiettivo: vincere il più rapidamente possibile. E il più rapidamente possibiile significava diventare campioni d’Europa.

Un record assoluto, rimettere in piedi una nazionale distrutta in così poco tempo, una dimostrazione di coraggio e sfrontatezza il puntare dritti a un obiettivo dichiaratissimo, quasi non prendendo in considerazione il secondo posto. Un rischio, tecnicamente, enorme. Ma che ha pagato.

La stessa diffusione del documentario – comunque fruibile sui canali RAI – denota un’operazione culturale piuttosto grossa, considerando le ovviamente scadenti possibilità mediatiche della FIGC, che non è un editore ma “soltanto” una grande federazione sportiva. E l’operazione è stata quella di creare mito, oltre che simpatia, intorno alla nazionale italiana.

Quattro episodi volti solo a ricordare lo straordinario cammino azzurro durante le qualificazioni, cercando di sottolineare l’importanza estrema del gruppo nel nuovo progetto.

Insomma, se la leggenda azzurra “storica” è frutto di tante vicissitudini e dell’indiscutibile e innato talento italiano per il gioco del pallone, la leggenda azzurra attuale è il parto finale di una costruzione certosina, maniacale, pregna di tantissima passione per questi colori.

Complimenti, Mancio! Complimenti Vialli! E – per una volta – complimenti FIGC!

(di Stelio Fergola)

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