Hezbollah: da partito libanese a potenza regionale (parte 1)

Hezbollah: da partito libanese a potenza regionale (parte 1)

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Hezbollah (il Partito di Dio in arabo) è una formazione politica e militare sciita libanese. L’ala (para)militare è conosciuta come “Il comitato della Jihad”, mentre quella politica si chiama “Partito della Lealtà al Blocco della Resistenza”. Questa organizzazione occupa attualmente 13 seggi (su 128) all’interno dell’Assemblea Nazionale (il parlamento monocamerale del Paese dei cedri, ndt) e fa parte dell’Alleanza dell’8 marzo (una coalizione politica che raggruppa i partiti antisionisti libanesi; detiene la maggioranza, con 72 seggi, ndt). Dal 1992, il Segretario Generale Hassan Nasrallah è a capo del gruppo, in seguito alla morte di Abbas al-Musawi, causata da un missile israeliano.

Hezbollah: storia e obbiettivi

Hezbollah nacque (ufficialmente, ndt) nel 1985, tre anni dopo l’invasione israeliana del Libano. Nel manifesto del 1985, sono stati fissati gli obiettivi più importanti: in primis, espellere dal territorio nazionale le forze israeliane, statunitensi e francesi, mettendo fine a ogni tentativo di occupazione; in secondo luogo, processare i leader di quelle formazioni che hanno collaborato attivamente con l’esercito di Tel Aviv, in particolare i falangisti, responsabili di numerosi massacri perpetrati ai danni dei musulmani sciiti.

Contro i soldati dell’entità sionista, i miliziani del Partito di Dio hanno condotto azioni di guerriglia nella parte meridionale del Paese, costringendoli alla ritirata, avvenuta il 25 maggio del 2000, e conquistando quelle zone in mano all’Esercito del Libano del Sud, una milizia vicina a Israele. Grazie a ciò, migliaia di civili libanesi rinchiusi nei campi di detenzione israeliani sono stati liberati e quel giorno è diventato una ricorrenza nazionale.

La formazione libanese considera tuttora il ruolo di Siria e Iran fondamentale per il successo raggiunto venti anni fa, grazie al supporto politico e militare costante che ha permesso di resistere e respingere il nemico.
Dal 2000, militarmente, l’organizzazione è cresciuta costantemente, rendendo l’ala armata del partito più potente dello stesso esercito regolare libanese. Ciò è dovuto principalmente al rifiuto degli Stati Uniti e dei suoi partner nella regione di vendere armi sofisticate alle forze armate del Paese dei cedri. Teheran aveva proposto in passato di vendere a Beirut una vasta gamma di armamenti, ma la coalizione filoamericana, l’Alleanza del 14 marzo, si opposta fermamente, imponendo il veto.

Gli scontri con Israele

Nel luglio del 2006, Hezbollah effettuò un’incursione (nome in codice: Operazione Promessa Fedele, ndt) per rapire dei soldati israeliani e successivamente scambiarli con detenuti libanesi, il raid si concluse con la morte di 8 membri delle IDF e il sequestro di due sergenti. Israele rifiutò l’offerta del Partito di Dio e scatenò un’offensiva in Libano, cercando di piegare gli avversari bombardando, sia con la marina che con l’aviazione, le loro posizioni. L’organizzazione fu coinvolta in un conflitto che durò 33 giorni e che provocò la morte di più di 1400 civili e la fuga di oltre un milione di persone (tra libanesi e israeliani).

L’11 agosto 2006, il Consiglio di sicurezza dell’ONU approvò all’unanimità la risoluzione 1701, per mettere fine alle ostilità. Fu accettata il giorno seguente sia da Tel Aviv che da Beirut. Il ritiro delle IDF dai territori che aveva occupato durò fino a Ottobre del 2006.

Stando a un resoconto della Commissione Winograd, il conflitto del luglio del 2006 fu considerato come “un’opportunità mancata” e che “Israele ha iniziato una guerra, terminata senza una vittoria militare netta”. Inoltre, nel documento venne ammesso che “un’organizzazione semimilitare è riuscita a resistere, per alcune settimane, all’esercito più potente del Medio Oriente, nonostante lo svantaggio aereo e tecnologico”. [1]
I miliziani e i loro alleati, dal canto loro, affermarono che, in questo scontro, “il mito dell’invincibilità di Israele era stato distrutto”.

Hezbollah in Siria


Nel 2012, un anno dopo lo scoppio della crisi siriana, Hezbollah intervenne a fianco del governo di Bashar al-Assad, dichiarando guerra a quelle sigle islamiste (dal FSA ad Al-Nusra) che occupavano i territori di confine tra Siria e Libano. Negli scontri contro i terroristi, bisogna menzionare la liberazione di numerosi villaggi cristiani, ciò ha migliorato l’immagine del gruppo tra i cristiani mediorientali.

Il “Partito di Dio”, ritenuto una formazione terroristica da una quindicina di Paesi, non è più la semplice entità politica e militare del Libano degli anni ’80, ma, ormai, è una potenza regionale, che ha esteso la propria influenza in Siria, Iraq, Yemen, Libano e a Gaza.

L’esperienza in Siria è stata preziosissima: infatti, nelle battaglie contro i fondamentalisti, i soldati di Nasrallah hanno appreso e attuato tattiche offensive. Nelle guerre contro Israele, Hezbollah utilizzava una strategia difensiva.

Per Tel Aviv, questo è un grosso problema: in caso di guerra con il Libano, le IDF si scontreranno con un nemico che, in questi anni, ha combattuto contro pericolosi gruppi armati. Pertanto, ci chiediamo: Israele si avventurerà in un conflitto in Libano e/o in Siria, oppure la crescente potenza di Hezbollah scoraggerà Tel Aviv?

(da Syriana Analysis – Traduzione di Carlo Parissi)

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