Sanatoria Bellanova

Sanatoria Bellanova: legalizzare l’illegalità contro il lavoro

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La sanatoria sui 600.000 irregolari di Teresa Bellanova è un invito a procrastinare l’immigrazione clandestina. Nulla più. Se non converrà questo fantomatico “contratto regolare” non lo si farà e si continuerà, con buona pace di tanti, con la situazione attuale. Ossia sfruttamento della manodopera a basso costo. Le grandi lotte sindacali del 2020 sono i condoni per gli sfruttatori latifondisti. A questo si è ridotto il progressismo rosè. Migliaia di lavoratori privi di qualsivoglia qualifiche che andranno a rendere il mondo del lavoro ancora piu’ precario e far diventare schiavi anche gli altri lavoratori che dovranno competere per un posto di lavoro con tutele e paghe al ribasso. Senza uno straccio di programma per gestire l’immigrazione e per rimpatriare gli irregolari non si può in alcun modo parlare di “regolarizzazione”. Amaggior ragione se si utilizza come giustificazione la marcitura dei nostri prodotti nei campi.

Sanatoria Bellanova, un aiuto allo sfruttamento

Caro ministro Bellanova, favorite il pagamento di 15€ l’ora agli agricoltori e non di  3, invece di produrre sanatorie indecenti. Fate loro turni regolari da otto ore al giorno anziché 14 tirate. Concedete loro diritti e pause senza obbligarli a stare continuamente piegati a raccogliere fragole sotto il sole cocente e vedrete quanti italiani si candideranno per fare la stagione estiva nei campi. Avrete la fila. Altro che “i lavori che gli italiani non vogliono più fare.” E basterebbe leggere almeno alcune delle numerose testimonianze per smentire questa colossale menzogna, utile soltanto a sottomettere ancora di più i cittadini al dramma dell’immigrazione senza pietà né vergogna.

La “sanatoria Bellanova” aiuterà visibilmente questo stato di cose a perpetrarsi nel tempo. Caro ministro Bellanova, si vergogni. Lei, la sanatoria, e lo schiavismo che la sua parte politica favorisce da sempre.

Prodotti invenduti? Colpa della Grande Distribuzione e del mercato senza limiti

Diciamoci la verità: la maggior parte della frutta e verdura che troviamo nei supermercati viene dall’estero. Spagna, ma anche Centro America (banane) o Africa (sempre banane, ananas). Nuova Zelanda e Cile (kiwi). Argentina (mele, pere) e Israele (ortaggi vari, pompelmi, agrumi). È questa grande concorrenza a distruggere il nostro mercato interno.

La famosa grande distribuzione fusa alle “regole” europee. Frutta e ortaggi vengono pagati all’agricoltore quasi a prezzo di costo, mentre i rivenditori hanno un margine di guadagno elevato rispetto a ciò che fanno. Il pomodoro che paghi 40 cent al chilo al produttore arriva sui banchi a 2 euro. Follia. Chi glielo fa fare di immettere i suoi prodotti sul mercato sapendo che otterrà briciole? Bisogna fare in modo di garantirgli un prezzo di vendita ben più elevato, calmierando i costi della filiera e i prezzi al dettaglio. Decisione troppo di ampie vedute per chi è, nei fatti, un reggente della Commissione Europea.

(di Davide Pellegrino)

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