Mario Carli, l’uomo nuovo del Futur-arditismo

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La ricerca di termini con cui catalogare, o meglio etichettare gli avversari politici, vive da un paio di anni una nuova proficua, ma non del tutto originale, fase. E’ così che è stato rispolverato il termine “rosso-bruno” per i seguaci di Diego Fusaro piuttosto che dei mezzi di informazione telematica che stanno soppiantando i colossi della carta stampata, ridottisi a mera copia-incolla delle notizie girategli dagli apparati dei partiti a cui rispondono.

Con un prodigioso balzo all’indietro anche Mario Carli, ardito, futurista, giornalista e molto altro, sarebbe, oggi, sicuramente finito nel ciclone dei rosso-bruni, senza il necessario approfondimento che la figura, l’uomo, le idee e le azioni meritano. E’ in questo filone che si inserisce il lavoro di Ada Fichera dal titolo “Mario Carli”, edito per la collana “Profili” delle edizioni Fergen curata da Gennaro Malgieri.

Mario Carli, l’uomo nuovo del Futur-arditismo

L’agile volume (113 pagine che scorrono rapide, proprio come solo un mezzo futurista saprebbe fare) condensano alla perfezione la vita e le fasi di uno dei più eclettici e affascinanti personaggi del Primo Novecento italiano. Mario Carli rappresentò in pieno l’uomo nuovo a cui le Avanguardie italiane mirarono a cavallo della Prima Guerra Mondiale.

Pienamente annoverabile nel genio italico, quello di uomini capaci di dilettarsi con eguale successo in ambiti diversi, dal giornalismo ai reparti d’assalto durante il conflitto (gli Arditi), da opere letterarie a romanzi biografici, fino ai compiti di console svolti in Brasile e Grecia, Carli visse in prima linea quella guerra che per i futuristi era sola igiene del mondo, nonostante fosse stato scartato per una forte miopia, andando oltre i limiti fisici nell’arruolamento da volontario negli Arditi giungendo al grado di capitano e conquistando la medaglia d’argento al valore e la croce al merito di guerra. Se il rapporto di amicizia, stima e fratellanza lo terrà legato per la vita ad Emilio Settimelli, Carli risulta ingestibile per i leader di quella Italia in continua evoluzione.

Mario Carli, l’uomo nuovo del Futur-arditismo
Ada Fichera

Quando partecipa all’impresa fiumana finisce per essere “esiliato” a Milano da Gabriele D’Annunzio con la scusa della gestione della rivista “La Testa di Ferro”, e quando chiede la candidatura nel listone del Partito Nazionale Fascista non solo non la ottiene, ma viene “premiato” con il consolato nella lontana Porto Alegre. Durante il Ventennio, o la parte che riesce a vivere di esso essendo morto prematuramente nel 1935 a quarantasette anni, Carli rappresentò quel “Fascismo intransigente” che nulla ottenne dal regime, pur credendo davvero nei suoi principi rivoluzionari. Già nel libro dedicato a Giuseppe Bottai, il nostro scrive di un sogno infranto e incompiuto.

Eppure, il lascito di Carli è immenso e riguarda, in ogni suo testo (che, per fortuna, negli ultimi anni sono stati ridati alla luce dalle case editrici Ritter, Seb, Aga e dal quotidiano Il Giornale) i più alti momenti della nostra Storia nazionale, che si intrecciano con la sua vita personale: il futurismo, l’arditismo, il programma politico degli uni e degli altri e l’intrecciarsi di questo con l’esperienza fiumana, prima, e il fascismo successivamente.

Per tutti questi motivi, accogliamo ben volentieri l’augurio finale dell’autrice, che scrive “il suo valore e la sua impronta meritano di essere omaggiate al di là di qualsiasi dilagante agonia di pensiero e di pregiudizio critico e storico”.

(di Luca Lezzi)

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