Uno straniero senza nome entra in un paese al confine tra Messico e Stati Uniti, dove si combatte una guerra tra due famiglie rivali. Così, in una riga, si potrebbe riassumere “Per un pugno di dollari”, film capostipite della “Trilogia del dollaro”, celebre saga cinematografica diretta da Sergio Leone e con protagonista un allora sconosciuto Clint Eastwood.
Ma dietro questo capolavoro del 1964, prodotto -non senza fatica- tra l’Italia e la Spagna e che nel corso dei decenni ha ispirato tutta la cinematografia a venire, c’è la lunga storia di una scommessa fatta su un genere, quello western, all’epoca considerato in declino. E che dopo questo film, non solo ritornò pienamente in auge, ma non fu più lo stesso.
Benché in precedenza ce ne fosse già stato qualche esempio, è infatti con questo film che nasce in grande stile un nuovo genere: il western all’italiana, così diverso dal suo “padre” americano e destinato ad influenzarlo profondamente a sua volta. I primi piani sui volti dei personaggi, il poncho dell’uomo senza nome, le frasi tipiche: tutto inizia da qui. E da un film giapponese dell’anno precedente, che influenzò pesantemente Leone.
Per un pugno di dollari: la trama
Un pistolero solitario arriva a San Miguel, cittadina al confine tra Stati Uniti e Messico divisa dalla lotta per il monopolio di due famiglie, i Rojo e i Baxter, che commerciano rispettivamente in alcol e in armi. Fingendo di vendersi ai primi, l’uomo senza nome fa in realtà il doppio gioco con lo scopo di mettere gli uni contro gli altri e trarre profitto dalla reciproca eliminazione delle forze antagoniste. Scoperto l’inganno, i Rojo torturano l’uomo il quale, salvatosi in extremis, sferrerà l’ultimo colpo in uno spettacolare duello.
La genesi di un mito
Non erano anni facilissimi, quelli, per Sergio Leone: aveva tante idee, ma pochi soldi, e come già detto il western era considerato un genere in declino. L’illuminazione giunse quando Leone, nel 1963, su consiglio del suo direttore della fotografia Enzo Barboni, si recò al cinema a vedere “La sfida del samurai”, pellicola giapponese per la regia di Akira Kurosawa. La trama: un samurai senza nome riporta la giustizia in un villaggio dilaniato dalle faide famigliari.
La reazione del regista fu entusiasta, e la sceneggiatura finale di Per un pugno di dollari fu pesantemente influenzata dal film di Kurosawa – al punto che, una volta finito il film, il regista giapponese ne rivendicò i diritti, trascinando Leone in una lunga causa legale.
Ma tornando alla genesi di Per un pugno di dollari, il primo ostacolo da superare fu appunto quello dei soldi: 120 milioni di lire il budget totale, meno di 1.5 milioni di Euro di oggi per l’intero film. E proprio questo basso budget influenzò la scelta degli attori, i quali furono letteralmente scelti “al ribasso”: Clint Eastwood, che Leone non apprezzava -al punto che, quando l’attore arrivò a Roma, Leone non andò nemmeno a incontrarlo- accettò l’incarico per soli 15.000 dollari, mentre James Coburn e Cliff Robertson, le prime scelte del regista, chiesero compensi troppo alti.
Anche Gian Maria Volontè, che nel film recita magistralmente la parte di Ramón, si accontentò di soli 2 milioni di lire di compenso (circa 22.000 Euro al cambio attuale), stipendio di molto inferiore a quello di Clint Eastwood. La verità era che l’attore aveva diversi debiti da pagare, e qualunque cifra gli faceva comodo.
Mentre le scene degli interni furono girate a Roma, gli esterni furono invece girate in un paesino vicino Colmenar Viejo, a 35 kilometri da Madrid, con pochissime modifiche sull’ambiente originale: una delle due residenze fu costruita apposta per il film -quella dei Baxter, per quella dei Rojo si utilizzò un vecchio museo di Madrid- mentre l’albero che si vede all’entrata in scena di Eastwood fu rubato dal giardino privato di un vecchio contadino.
E il segreto del successo di questo film? Certo, il ruolo iconico di Eastwood, la regia innovativa copiata dai registi di tutto il mondo, la colonna sonora di Ennio Morricone vincitrice di un Nastro d’Argento -anche se il compositore affermerà di non amare affatto né il film di Leone né la colonna sonora che ha composto-, ma a renderlo popolare contribuì un piccolo cinema di Firenze, il cui proprietario, innamoratosi del film, lo tenne in cartellone per un mese intero. Fu poi il passaparola a decretarne il successo, al punto che Per un pugno di dollari è tutt’oggi il terzo film italiano per numero di spettatori.
Anche negli Stati Uniti il film di questo misterioso “Rob Robertson” (pseudonimo che Sergio Leone scelse per darsi un’aria meno “etnica”) portò a casa ben 11 milioni di dollari di incassi, al netto di diverse stroncature da parte della critica: The Village Voice, per esempio, scrisse che “i dialoghi sembrano scritti prendendo il cocktail in Via Veneto”.
Per un pugno di dollari, il film in streaming
La pellicola è caratterizzata dal ricorso ad una violenza più accentuata rispetto al western classico, il che conferisce al film un grande fascino visivo. Fu questa, infatti, la prima rivoluzione dei film western di Sergio Leone: distruggere il mito dell’eroe buono e senza macchia in favore di un protagonista che è al contempo antieroe, furbo e carismatico, lontanissimo dallo stereotipo del pistolero “buono” contro gli indiani “cattivi. Al cavaliere senza nome interessano i soldi, non la giustizia.
Come ben riassume la Treccani, il capostipite della Trilogia del dollaro ha “la capacità di imporre una nuova cifra stilistica ad un genere già ampiamente codificato. Il frequente abuso del primo e del primissimo piano, volto a penetrare la psicologia, i tic, le perversioni e le nevrosi dei personaggi. Questi e altri stilemi diverranno gli emblemi di uno stile originale, una nuova poetica applicata a un genere cinematografico a torto ritenuto logoro e anacronistico.”
Potete vedere il film completo seguendo questo link.
(Federico Bezzi)